Mobilità sostenibile nelle regioni

Pirmin Schilliger & Urs Steiger
La mobilità svolge indubbiamente un ruolo importante per lo sviluppo regionale. Nella nostra economia basata sulla divisione del lavoro, l’accessibilità delle aree urbane – ma anche di quelle rurali – è un fattore di localizzazione decisivo.
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Con i Programmi di sviluppo strategico per le strade e le ferrovie nazionali e i rispettivi fondi di finanziamento, la politica dei trasporti garantisce le infrastrutture di base ma promuove al tempo stesso lo sviluppo di soluzioni di trasporto e mobilità sostenibili. A sostenere queste soluzioni sono però anche altri strumenti, come il Programma Traffico d’agglomerato (PTA), la Nuova politica regionale (NPR), Interreg, i Progetti modello Sviluppo sostenibile del territorio (MoVo), Innotour o l’Ufficio di coordinamento per la mobilità sostenibile (COMO). Questo numero di regioS analizza le sfide legate allo sviluppo di soluzioni sostenibili per i trasporti e la mobilità e presenta gli strumenti di finanziamento disponibili, in particolare per gli attori regionali.

Nell’odierna società globalizzata, un sistema di trasporti efficiente e accessibile rappresenta un vantaggio competitivo fondamentale. Senza collegamenti efficienti, intere aree rischiano di trovarsi rapidamente isolate. In virtù dell’obiettivo politico di favorire un’occupazione decentralizzata del territorio sancito dalla legge federale sulla pianificazione del territorio (LPT), l’accessibilità delle regioni riveste un’importanza politica e sociale particolare e contribuisce alla coesione nazionale al di là delle barriere culturali e sociali. Secondo il Piano settoriale dei trasporti, che delinea la strategia del Consiglio federale in materia di mobilità, tutte le regioni devono potersi sviluppare in modo adeguato.

In Svizzera, puntare su una mobilità che garantisca pari opportunità non è un obiettivo di facciata, ma un’esigenza nazionale, sia che si parli di centri urbani, di agglomerati, di aree rurali dell’Altopiano o di regioni di montagna. Secondo Nicole A. Mathys, capa della sezione Dati di pianificazione dell’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE), non è un caso che la Svizzera disponga di una delle reti di trasporto più fitte al mondo con circa 83 300 chilometri di strade e 5200 chilometri di linee ferroviarie. Non c’è praticamente luogo nel Paese che non sia servito dai trasporti pubblici. Persino a Juf (GR), il paesino più alto d’Europa che conta una trentina di abitanti, c’è un servizio di autopostale giornaliero con cadenza bioraria.

La popolazione svizzera fa largo uso di quest’ampia offerta: otto lavoratori su dieci sono pendolari e in media impiegano circa un’ora per i tragitti casa-lavoro. Il traffico del tempo libero è ancora più importante: secondo il microcensimento mobilità e trasporti (MCMT) è responsabile di quasi la metà delle distanze giornaliere percorse (44 %). Che si tratti di lavoro o di attività di svago, la mobilità è intrinseca alla società moderna. Le strade, le ferrovie, i percorsi ciclabili e pedonali e i mezzi di trasporto che utilizziamo non sono però spuntati dal nulla, ma sono stati costruiti nell’arco di decenni. Sono il risultato di innumerevoli sforzi promossi all’intersezione tra territorio, tecnica, scienza, società e politica.

Un compito estremamente complesso

Sviluppare i trasporti e la mobilità in un’ottica di sostenibilità è un compito estremamente complesso. Da un lato, le «Prospettive di traffico 2050» elaborate dal Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC) si basano su almeno sette tendenze determinanti, una trentina di fattori di influsso e un centinaio di variabili. Dall’altro, la progettazione di soluzioni di trasporto e di mobilità coinvolge molti attori della Confederazione, dei Cantoni, delle regioni e dei comuni, come evidenzia Nicole A. Mathys dell’ARE. Questo richiede conoscenze e competenze in diversi ambiti, per esempio quelli dei trasporti, dello sviluppo territoriale, dell’ambiente, dell’edilizia residenziale e dell’energia. A livello nazionale la responsabilità delle infrastrutture di trasporto spetta al DATEC. Tuttavia, anche i Cantoni e i comuni hanno obblighi in questo campo, in particolare per quanto riguarda la costruzione e la manutenzione delle strade cantonali e comunali, il trasporto pubblico locale e regionale e lo sviluppo della mobilità lenta. Nel progettare una mobilità sostenibile e in linea con le esigenze economiche, sociali ed ecologiche, questi attori sono chiamati a coordinare per quanto possibile gli interessi della società e dell’economia tenendo conto dello sviluppo degli insediamenti e del rispetto dell’ambiente.

Le Prospettive di traffico 2050 delineano, sulla base di quattro scenari, l’evoluzione possibile della mobilità e dei trasporti fino al 2050 (cfr. riquadro). Dall’analisi emerge chiaramente che in generale il traffico continuerà ad aumentare, ma a un ritmo più lento rispetto alla popolazione. Già oggi, i limiti di capacità sono stati raggiunti in diverse località. Per questa ragione, il Piano settoriale dei trasporti prevede che in futuro le capacità di trasporto di merci e passeggeri dovranno essere utilizzate con maggiore efficienza ed essere potenziate in modo mirato. Inoltre, in tutti i sistemi di trasporto sono necessari miglioramenti in termini di efficienza energetica in modo da ridurre le emissioni di gas serra e azzerarle entro il 2050. Questo obiettivo può essere raggiunto solo attraverso un processo di trasformazione. Nicole A. Mathys pensa che in futuro le offerte di mobilità dovranno essere maggiormente sostenibili, trasparenti, flessibili, interconnesse, comode, facilmente fruibili e a zero emissioni di CO2. Inoltre, il trasporto individuale motorizzato dovrà essere ridotto, mentre il trasporto pubblico andrà ulteriormente potenziato.

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Migliorare la mobilità riducendo il traffico

In Svizzera i progetti nel settore della mobilità sostenibile possono usufruire di numerose possibilità di finanziamento, come illustra la panoramica dei programmi di promozione. A livello regionale, gli sforzi si concentrano non tanto sui grandi progetti infrastrutturali – come la galleria del Rosenberg sull’A1 a San Gallo, l’ampliamento della linea ferroviaria lungo il versante sud del Giura o l’acquisto di nuovi mezzi di trasporto – che rientrano nella politica dei trasporti di competenza della Confederazione, quanto piuttosto sulla promozione di nuove soluzioni di mobilità e di offerte di servizi che ottimizzano i sistemi esistenti e riguardano per esempio il traffico pendolare o professionale, il traffico turistico e quello del tempo libero. Secondo Nicole A. Mathys, sono necessarie iniziative che favoriscano la riduzione del traffico in generale e il cambio di comportamento degli utenti della circolazione e che vadano nel senso di un potenziamento della rete di piste ciclabili e vie pedonali promuovendo il passaggio al trasporto pubblico. Servono inoltre misure di pianificazione del territorio che contribuiscano a migliorare la qualità e l’attrattiva degli insediamenti e consentano agli abitanti di coprire la maggior parte delle loro esigenze quotidiane nelle immediate vicinanze. I bisogni di mobilità, che continuano malgrado tutto ad aumentare di pari passo con il benessere, andranno soddisfatti in modo non solo più efficiente, ma anche più ecologico e meno inquinante.

La sfida più grande a livello di pianificazione sta nel far convergere gli interessi di tutte le parti interessate e nell’unire le forze per uno sviluppo coerente. Oltre alla pianificazione generale dei trasporti della Confederazione attraverso il Piano settoriale dei trasporti, i Programmi di sviluppo strategico per le strade nazionali (PROSTRA) e per l’infrastruttura ferroviaria (PROSSIF) e i programmi d’agglomerato – finanziati attraverso il Fondo per l’infrastruttura ferroviaria (FIF) e il Fondo per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato (FOSTRA) – tutti i Cantoni dispongono di strategie di mobilità, piani direttori e strumenti di pianificazione propri. Lucerna, per esempio, basa l’attuazione sul programma di costruzione delle strade cantonali, sul rapporto relativo al trasporto pubblico e sulla pianificazione cantonale della ciclomobilità. Tutti questi strumenti verranno riuniti in un nuovo programma integrato della mobilità che permetterà al Cantone di coordinare la sua azione con le regioni e i comuni. Nicole A. Mathys osserva che tra gli enti, gli organismi e i livelli di intervento considerati si sta facendo strada una visione condivisa di quelli che devono essere i contenuti della pianificazione di una mobilità sostenibile e lungimirante: ossia evitare il traffico, trasferirlo e renderlo più sostenibile e interconnesso.

Priorità diverse

In sede di attuazione le priorità variano a seconda della regione e del tipo di traffico. Nelle città e negli agglomerati l’accento è posto sulle misure per contrastare i picchi di traffico e i tempi di attesa in colonna, mentre in molti comuni dell’Altopiano come Niederbipp (BE), Obergösgen (SO) o Winznau (SO) le sfide principali sono rappresentate dal traffico pendolare e dalla pianificazione degli insediamenti. Secondo uno studio di Pricehubble, una società specializzata nell’analisi dei dati immobiliari, l’evoluzione osservata in questi tre comuni è sintomatica di quella riscontrabile in molte altre località svizzere: pur essendo in piena campagna, stanno diventando «comuni dormitorio» per via degli alloggi relativamente più convenienti e della vicinanza alla città di Zurigo (al massimo un’ora di tragitto in auto). Ancora più economico è lavorare a Basilea e abitare nel Giura, per esempio a Haute-Sorne, Moutier o Develier. Anche i comprensori di alcuni centri intra-alpini, come Visp o St. Moritz, sono confrontati a dinamiche di mobilità e di insediamento simili. Nei periodi di alta stagione, le grandi destinazioni turistiche alpine devono affrontare problemi analoghi a quelli degli agglomerati e delle città: ingorghi e parcheggi sovraffollati. Nelle regioni di montagna periferiche e nelle valli laterali discoste, le sfide sono molto diverse: si tratta di lottare contro lo spopolamento e di mantenere i collegamenti di trasporto pubblico.

Per ora non è possibile prevedere quali scelte politiche future potranno accelerare la trasformazione della mobilità rendendola più sostenibile. La leva più importante è senza dubbio il traffico stradale, responsabile di circa un terzo del consumo totale di energia. In Svizzera, il tasso di motorizzazione è elevato e si attesta a circa 550 auto ogni 1000 abitanti, mentre l’efficienza energetica è estremamente bassa. Ciò è dovuto principalmente all’alto numero di auto di grossa cilindrata in circolazione, la maggior parte delle quali utilizzate per tragitti con un solo occupante. Le emissioni medie di CO2 prodotte dalle auto nuove in Svizzera sono tra le più alte d’Europa. Secondo Nicole A. Mathys non vi sono alternative: bisogna rendere il trasporto su strada più efficiente dal punto di vista energetico e meno inquinante. Con la Roadmap mobilità elettrica la Confederazione punta a fare in modo che la quota di veicoli con spina di nuova immatricolazione (auto elettriche pure e ibride plug-in) raggiunga il 50 % entro la fine del 2025. Un altro potenziale ampiamente inutilizzato è la gestione del traffico basata sui dati al fine di permettere un uso più efficiente dei mezzi di trasporto e delle infrastrutture. 

A detta di Nicole A. Mathys, nel settore del trasporto individuale motorizzato, che attualmente rappresenta il 70 % dei costi esterni generati dal traffico, ovvero 14 miliardi di franchi all’anno, sussiste un potenziale di ottimizzazione considerevole. L’elettrificazione del parco veicoli rappresenta, nel migliore dei casi, solo una soluzione parziale al problema: anche i veicoli elettrici possono rimanere bloccati negli ingorghi, occupano spazio e consumano elettricità che non è sempre prodotta in modo ecologico.

Promuovere soluzioni di mobilità innovative

I principali strumenti di pianificazione per le infrastrutture di mobilità sono i programmi di sviluppo strategico PROSSIF (infrastruttura ferroviaria) e PROSTRA (strade nazionali). Entrambi i programmi sono finanziati da un lato dal Fondo per l’infrastruttura ferroviaria (FInFer), che prevede un volume di investimenti pari a 19,3 miliardi di franchi per le due fasi di ampliamento fino al 2025 e fino al 2035, dall’altro dal Fondo per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato (FOSTRA), che prevede uno stanziamento di 11,6 miliardi di franchi per le strade nazionali (PROSTRA-SN) fino al 2030, di 7,18 miliardi di franchi per le prime tre generazioni di programmi d’agglomerato (dal 2008 al 2023) e di circa 1,6 miliardi di franchi per la quarta generazione di programmi (dal 2024). Questi strumenti contribuiscono in modo significativo all’accessibilità delle regioni e al tempo stesso sostengono gli sforzi degli attori per accelerare il processo di transizione verso la mobilità sostenibile e sviluppare soluzioni innovative.

Gli strumenti di politica dei trasporti basati sulle infrastrutture sono integrati da strumenti e programmi di promozione che perfezionano e sostengono questo processo a livello regionale. Su questi strumenti e programmi si focalizza il nuovo numero di regioS.

Programma Traffico d’agglomerato (PTA)

Con questo programma, la Confederazione sostiene finanziariamente progetti per migliorare il traffico nelle città e negli agglomerati. Il programma si concentra sul potenziamento delle capacità di trasporto pubblico, sull’elettrificazione dei vettori di trasporto, sul miglioramento dell’interconnessione grazie a piattaforme e su un’infrastruttura sicura e attrattiva per la mobilità ciclopedonale. Per quanto riguarda il trasporto individuale motorizzato, l’accento è posto su misure di moderazione del traffico in generale e nelle strade dei quartieri in particolare, sulle zone di incontro e su interventi mirati per decongestionare i centri urbani. Il perimetro di promozione comprende i comuni aventi diritto ai contributi organizzati in enti responsabili, tra cui gli agglomerati intra-alpini di Coira, Davos, St. Moritz, Altdorf, Glarona, Briga-Visp-Naters (Alto Vallese), Sion (Vallese centrale), Martigny (Coude du Rhône) e Chablais (Monthey-Aigle-Bex), nonché le aree del programma Interreg nelle regioni di confine.

Il PTA è il programma di promozione finanziariamente più importante. Nell’ambito della procedura di consultazione in merito alla quarta generazione di progetti, la Confederazione si è pronunciata a favore dello stanziamento di 1,6 miliardi di franchi (cofinanziamento pari al 37%). I Cantoni, le città e i comuni contribuiranno con altri 2,7 miliardi di franchi (63 %). Il PTA esplica i suoi effetti soprattutto nelle aree urbane, ma promuovendo soluzioni di mobilità per il traffico pendolare o per il tempo libero ha un impatto di vasta portata anche nelle aree rurali e di montagna e nei Paesi limitrofi. I progetti PTA dimostrano che, in un piccolo Paese come la Svizzera, gli effetti delle misure adottate in materia di trasporti oltrepassano spesso il perimetro di pianificazione.

➜ Esempi di progetti (periodo di programmazione attuale):

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Nuova politica regionale (NPR)

Sotto la direzione della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) e in collaborazione con i Cantoni, la NPR sostiene progetti di trasporto e mobilità che contribuiscono concretamente a migliorare la competitività delle regioni, per esempio nel settore del turismo. La Confederazione e i Cantoni contribuiscono al finanziamento dei progetti in misura paritaria (50 % ciascuno). Molti progetti di mobilità vengono avviati nell’ambito di una politica che punta a migliorare l’accessibilità e che è parte integrante della strategia di sviluppo della regione interessata.

➜ Esempi di progetti:

Programmi Interreg

Interreg, a cui la Svizzera partecipa nel quadro della NPR, promuove la cooperazione transfrontaliera e persegue obiettivi simili a quelli della NPR. I progetti di trasporto e mobilità sono una chiara priorità, soprattutto nelle quattro regioni di confine caratterizzate da una crescente cooperazione: Svizzera nordoccidentale / Germania / Francia, Ginevra / Svizzera occidentale / Francia, regione del Lago di Costanza / Germania / Austria, Ticino / Grigioni / Vallese / Italia.

➜ Esempi di progetti:

Attila Kartal nell’officina di Rent a Bike AG a Willisau (LU). I servizi che l’azienda offre promuovono la bici come mezzo di trasporto per le necessità quotidiane ma anche per le attività del tempo libero.© regiosuisse

Progetti modello per uno sviluppo sostenibile del territorio

Attraverso questi progetti otto servizi federali promuovono, sotto la guida dell’ARE, nuovi approcci e metodi per uno sviluppo territoriale sostenibile, tra cui nuove soluzioni per la mobilità. Nell’attuale quarto periodo di programmazione (2020–2024), la Confederazione sostiene 31 progetti per un totale di 3,9 milioni di franchi. Di questi, otto progetti riguardano esplicitamente la mobilità e puntano a promuovere percorsi brevi, movimento e luoghi di incontro.   

➜ Esempi di progetti in corso o da poco conclusi:

Innotour

La Confederazione sostiene finanziariamente il programma Innotour che promuove l’innovazione, la cooperazione e lo sviluppo delle conoscenze nel settore del turismo. Per il periodo 2020-2023 ha stanziato 30 milioni di franchi. Il programma, coordinato dalla SECO, si concentra sui nuovi servizi turistici nel settore dell’alloggio, della ristorazione e dell’accoglienza, ma anche sul trasporto dei bagagli e sul traffico. In definitiva, le soluzioni di mobilità turistica sostenibile contribuiscono a decongestionare il sistema svizzero dei trasporti, nel quale il traffico del tempo libero assume notoriamente un ruolo preponderante.

➜ Esempi di progetti:

Ufficio di coordinamento per la mobilità sostenibile (COMO)

L’ufficio di coordinamento, che ha sede presso l’Ufficio federale dell’energia, finanzia ogni anno una dozzina di progetti per soluzioni di mobilità sostenibile. Le risorse finanziarie provengono dal programma SvizzeraEnergia. I progetti sono cofinanziati da sei uffici federali: ARE, UFAM, UFE, UFSP, UFT e USTRA. I finanziamenti sono destinati a soluzioni di trasporto rispettose dell’ambiente e volte a favorire il risparmio di risorse e la promozione della salute. I progetti sostenuti spaziano dalle app per facilitare la gestione dei parcheggi alle misure per promuovere il trasporto pubblico e la mobilità lenta.

➜ Esempi di progetti in corso:

Potete trovare altri progetti nella banca dati di regiosuisse: https://regiosuisse.ch/it/banca-dati-dei-progetti

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Prospettive di traffico 2050

Le Prospettive di traffico 2050 delineano quattro possibili scenari di sviluppo, tra cui quello di base su cui si fonda la pianificazione futura. Secondo questo scenario, entro il 2050 il traffico passeggeri in Svizzera aumenterà dell’11% (in passeggeri-chilometro) considerate tutte le categorie di trasporto. Nello stesso periodo la popolazione crescerà di oltre il 20%, raggiungendo i 10,4 milioni di persone. Il DATEC prevede aumenti nettamente maggiori per il traffico del tempo libero, che già oggi è responsabile del 44% di tutte le distanze giornaliere percorse. Rispetto a oggi, le distanze percorse per fare acquisti dovrebbero aumentare del 15%, mentre i tragitti casa-lavoro dovrebbero diminuire del 13%. I fattori che determinano questo sviluppo sono l’invecchiamento demografico e la connessa diminuzione della quota di popolazione attiva sul totale degli abitanti e, soprattutto, la riduzione del traffico pendolare dovuta all’espansione del telelavoro.

Si prospettano cambiamenti anche nella ripartizione modale: con la progressiva urbanizzazione e il potenziamento del trasporto pubblico, chi vive in città avrà tendenza a utilizzare meno la propria auto. Basti pensare che già oggi, nelle grandi città, circa la metà delle famiglie non possiede un veicolo a motore. Nelle aree rurali e periferiche, invece, l’auto resterà indispensabile. Secondo le prospettive, il trasporto individuale motorizzato dovrebbe diminuire del 5% entro il 2050, ma rappresenterà pur sempre il 68% del traffico viaggiatori totale. Il trasporto pubblico potrebbe far segnare una progressione dal 3 al 24% entro il 2050 e sono attesi progressi significativi nel traffico ciclistico: le distanze percorse in bicicletta, pur continuando a rappresentare una minima parte degli spostamenti, potrebbero raddoppiare e passare dal 2 al 4% del totale.

Il DATEC prevede una forte crescita del traffico merci (+31%) che raggiungerà 36 miliardi di tonnellate-chilometro. Entro il 2050 la ferrovia dovrebbe guadagnare 2 punti percentuali attestandosi al 39% del traffico merci totale. Nel 2050 la maggior parte delle tonnellate-chilometro sarà comunque ancora trasportata su strada.

Comportamento di mobilità della popolazione 2021

Nel 2021, il 43% circa delle distanze percorse in Svizzera dalla popolazione residente era riconducibile alle attività del tempo libero, che rappresentano di gran lunga lo scopo di mobilità più importante, seguite dal lavoro e dagli acquisti. Complessivamente, sono stati percorsi 30,0 km al giorno per persona, 6,8 km in meno rispetto a sei anni prima. A causa della pandemia, si è osservata per la prima volta da decenni una flessione della mobilità. L’e-bike è stato l’unico mezzo di trasporto a registrare un aumento dell’utilizzo nonostante la pandemia.

Il comportamento di mobilità varia in funzione dei gruppi sociali, in alcuni casi anche in misura considerevole. Nel 2021 a essere particolarmente mobili erano i giovani adulti tra i 18 e i 24 anni, con una distanza media giornaliera di 40,2 km pro capite. Gli abitanti delle aree rurali hanno percorso il 25% di chilometri in più rispetto alle persone residenti in città.

Per la popolazione i miglioramenti nel trasporto pubblico e la riduzione dell’impatto ambientale dei trasporti sono più importanti dei miglioramenti nel traffico ciclistico, stradale o pedonale.

Bibliografia

UST/ARE (2023): Comportamento della popolazione in materia di trasporti. Risultati del microcensimento mobilità e trasporti 2021, Neuchâtel.

Müller-Jentsch Daniel, Avenir Suisse (2020): Zentrumstäler. Die Haupttäler als Entwicklungsachsen des Berggebietes (Valli centrali. Le valli principali come assi di sviluppo delle regioni di montagna).

Wüest Partner (2021): Berggebiete: Sozioökonomische Analyse, eine empirische Grundlagenstudie, su mandato della SECO (in tedesco con riassunto in francese).

Alla ricerca di un nuovo equilibrio turistico

Pirmin Schilliger

La legge sulle abitazioni secondarie (LASec) tocca da vicino dieci degli undici comuni della regione di Prettigovia/ Davos. L’economia non ne ha risentito particolarmente, né sul fronte del turismo né su quello dell’edilizia, che può vantare un volume più che sufficiente di commesse nel segmento delle ristrutturazioni.

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Sull’onda dell’andamento generale e dell’aumento dei prezzi per le residenze secondarie, anche i costi delle abitazioni primarie hanno registrato un marcato rincaro. Klosters e Davos cercano di invertire la tendenza promuovendo miratamente la costruzione di abitazioni primarie attraverso la concessione in diritto di superficie di particelle di proprietà comunali e la partecipazione a progetti di edilizia abitativa. L’obbligo di annunciare la trasformazione di abitazioni primarie realizzate in virtù del diritto previgente in residenze secondarie dovrebbe inoltre permettere di individuare per tempo sviluppi non auspicati del mercato immobiliare.

Region Davos Klosters. Davos wäre mit seinem reichen Angebot an kulturellen Aktivitäten und dem dichten Busnetz ideal für ältere Leute. Davos, den 28.10.2021 Copyright: Regiosuisse / Priska Ketterer

Con contratti di diritto edilizio o misure di pianificazione del territorio, i comuni appoggiano i progetti turistici di nuovi alberghi e alloggi secondari sfruttati a scopi turistici. Si cerca di ottimizzare l’occupazione delle strutture turistiche con approcci innovativi. Ne è un esempio il progetto sostenuto dalla Nuova politica regionale (NPR) «Alles-auseiner-Hand» lanciato da una giovane impresa per rinnovare e affittare alloggi di vacanza di cui i proprietari hanno ceduto l’usufrutto. L’iniziativa «Alpine Sabbatical» è invece un modello che si rivolge alle persone che vogliono prendersi un periodo sabbatico dalla loro realtà professionale. Include 20 alloggi e propone pacchetti specifici per i suoi ospiti. Il progetto «Wohnraumstrategie für Senioren und andere Neustarter», dal canto suo, è stato promosso dalle regioni Prettigovia/Davos e Albula per invogliare i proprietari di abitazioni secondarie a partecipare maggiormente alla vita sociale e, perché no, trasformarli in residenti permanenti.

progettimodello.ch

alpinesabbatical.ch

neustarter.info

regiosuisse.ch/npr-it

La versione integrale in tedesco.

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Arve, area di svago nel cuore dell’agglomerato di Ginevra

Raphaël Chabloz

L’Arve, il fiume franco-svizzero che nasce nel Massiccio del Monte Bianco e si snoda su 107,8 km – di cui solo 9 in territorio svizzero – è molto meno conosciuto del Rodano, nel quale si getta. La confluenza si trova a Ginevra, alla Jonction. Il progetto paesaggistico «Arve» mira a rendere accessibile al pubblico le rive dell’Arve nell’agglomerato Grand Genève e prevede la riqualifica di parchi e la realizzazione di percorsi pedonali e ciclistici, che possono essere utilizzati anche dai numerosi pendolari. Attraverso interventi leggeri si punta a mantenere il carattere selvaggio dell’area fluviale. L’agglomerato Grand Genève finanzia il progetto nell’ambito del programma d’agglomerato, mentre la Confederazione lo ha sostenuto dal 2014 al 2018 nell’ambito dei Progetti modello per lo sviluppo sostenibile del territorio. Il progetto ha un’impostazione transfrontaliera e la sua governance è complessa. Gestito dall’agglomerato Grand Genève, coinvolge enti territoriali pubblici in Francia e in Svizzera, tra cui nove comuni.

La prima tappa è stata la creazione, nel 2014, del Parc des Falaises sul territorio del comune di Chêne-Bougeries. Questo sito era già stato in parte riqualificato, ma la vegetazione aveva ricoperto il corso del fiume. Nell’area boscata è stata creata una radura con un sentiero per incitare i cittadini a fermarsi e contemplare il fiume immersi nella natura, lontani dal tumulto della città. «Dovevamo agire in fretta per mobilitare la popolazione, incoraggiarla a fruire di questo spazio e dimostrare l’utilità della pianificazione» spiega Anne-Lise Cantiniaux, responsabile del progetto Natura e paesaggio alla Divisione del territorio del Cantone di Ginevra.

Il progetto paesaggistico «Arve» impone un’accurata analisi della relazione tra le politiche federali, cantonali e locali in materia di gestione del paesaggio e le politiche in materia di urbanizzazione e mobilità. Oltre a una riflessione su scala differenziata, in questi contesti serve soprattutto una coerenza costante tra i diversi livelli di pianificazione e tra la fase pianificatoria e quella operativa.

Attualmente l’obiettivo è dare continuità al progetto, in modo che le nuove autorità comunali lo facciano proprio e lo promuovano a lungo termine. È necessario assicurare una continuità su vari anni, altrimenti l’approccio non sarà coerente. Dopo le elezioni comunali del 2020, è stato necessario sensibilizzare la nuova generazione di municipali in modo da mantenere vivo l’interesse per il progetto.

progetti-modello.ch

La versione integrale in tedesco è consultabile qui.

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Paesaggio e sviluppo regionale, una sfida che porta frutti

Pirmin Schilliger & Urs Steiger
La beauté et la spécificité du paysage constituent un facteur économique central dans de nombreuses régions rurales ou de montagne de la Suisse mais aussi dans les agglomérations. Elles constituent la base existentielle de nombreux sites. La question qui s’impose est de savoir jusqu’à quel point ces régions peuvent se développer économiquement sans que leurs paysages ne perdent leurs qualités naturelles et architecturales. La Confédération propose un mode de gestion respectueux du paysage avec les parcs d’importance nationale. Au cours des dernières années, des projets porteurs d’avenir ont aussi été lancés dans le cadre de la Nouvelle politique régionale (NPR), des Projets modèles pour un développement territorial durable et d’autres instruments de promotion, étatiques ou privés. Mettre le paysage en valeur est toutefois une tâche exigeante qui impacte à long terme les domaines les plus divers de la vie et de l’économie.
Stefan Steuri, guardia del parco naturale di Gantrisch © regiosuisse

La regione del Gantrisch, oggi molto apprezzata dagli escursionisti, solo un decennio fa era poco conosciuta. Quest’area prealpina, con i suoi fitti boschi, le gole naturali formate dai fiumi Sense e Schwarzwasser, la catena del Gantrisch e del Gurnigel, le zone paludose e le torbiere, il lago Schwarzsee e il paesaggio della Brecca, è diventata nel 2012 un parco naturale regionale insignito del marchio «Parco naturale regionale Gantrisch» (RNG). Come altre 18 regioni, è sottoposta all’ordinanza sui parchi (OPar), strumento che permette alla Confederazione di sostenere finanziariamente la creazione e la gestione di parchi in aree di alto valore naturale e paesaggistico. L’area del RNG è considerata una regione modello per lo sviluppo sostenibile.

Offerte interessanti

Ramona Gloor, portavoce del RNG, conferma che la creazione del parco ha innescato una serie di progetti nella regione. Le offerte turistiche hanno permesso di valorizzare la regione facendola conoscere come paesaggio alpino ideale per le attività outdoor, le escursioni in mountain bike o in bicicletta o ancora come parco avventura. Un’altra attrazione è il «Gäggersteg», una passerella sopraelevata in legno appena ristrutturata dalla quale i visitatori possono osservare da vicino la ricrescita del bosco dopo la terribile tempesta Lothar del 1999.

Ramora Gloor definisce la creazione e la gestione del parco un compito impegnativo, nel quale la ricerca del giusto equilibrio ha spesso un’importanza determinante. Nei weekend di bel tempo, per esempio, le torbiere e i paesaggi fluviali prossimi allo stato naturale sono presi d’assalto. Grazie a un team di ranger, il team del parco naturale di Gantrisch gestisce in modo mirato i visitatori, indirizzandoli verso i percorsi e i sentieri previsti e tracciati. Gloor spiega che l’obiettivo non è attirare sempre più visitatori con sempre più offerte: «Il turismo deve essere basato su principi di sostenibilità e corrispondere ai valori del nostro parco».

Parco naturale, un marchio e un esempio

A beneficiare del parco naturale dal punto di vista economico sono l’agricoltura, la silvicoltura e le aziende locali: oltre 300 prodotti sono commercializzati con il marchio «Parchi svizzeri». Infine, aspetto altrettanto importante, l’organizzazione che gestisce il parco è un importante committente e datore di lavoro. Funge inoltre da piattaforma di networking per gli attori coinvolti. «Da quando il parco del Gantrisch è stato creato, nella nostra regione regna uno spirito di ottimismo. Grazie al parco la regione ha sviluppato un’identità propria», rileva Gloor. L’area prossima allo stato naturale situata nelle Prealpi bernesi e friburghesi si è affermata come regione unica e inconfondibile e come marchio turistico. È diventata un esempio di come il paesaggio possa essere valorizzato in modo sostenibile e di come si possa nel contempo rafforzarne la qualità.

A questa conclusione sono giunti gli esperti del Centro interdisciplinare per lo sviluppo sostenibile e l’ambiente (CDE) dell’Università di Berna nel rapporto di valutazione che hanno elaborato per il Cantone di Berna, responsabile del parco. Il rapporto fornisce cifre che documentano il contributo al rafforzamento e alla promozione dell’economia regionale: nel 2018 il valore aggiunto turistico indotto dal parco naturale si è attestato a circa 7,3 milioni di franchi. In termini di occupazione, si tratta di 87 posti a tempo pieno. Nel periodo compreso tra il 2012 e il 2018 il valore aggiunto turistico generato dai prodotti regionali ha sfiorato i 9 milioni di franchi. Questi importi non tengono conto delle prestazioni di valorizzazione della natura e del paesaggio fornite dagli agricoltori e dalle organizzazioni private nel parco, come il mantenimento dei prati e dei pascoli aperti (pulizia), la manutenzione e la cura delle siepi, le nuove piantumazioni, la cura dei siti di nidificazione, la ristrutturazione dei muri a secco ecc. Gli esperti intravedono però un ulteriore potenziale di sviluppo economico per il RNG, p. es. nella creazione di valore con il legno o la gastronomia.

Si può trarre una conclusione altrettanto positiva per la maggior parte dei 18 parchi svizzeri d’importanza nazionale, che insieme coprono più di 5200 km2, circa un ottavo del territorio svizzero. L’obiettivo perseguito dalla Confederazione con questi parchi – ossia conservare e migliorare la qualità della natura e del paesaggio in armonia con uno sviluppo economico regionale sostenibile – coincide in larga misura con gli obiettivi della Nuova politica regionale (NPR).

Naturpark Gantrisch: Senseschlucht Copyright: Priska Ketterer / Regiosuisse

Concezione «Paesaggio svizzero» come filo rosso

Nelle aree densamente popolate il paesaggio si configura per lo più come spazio modellato dall’uomo e utilizzato per gli scopi più svariati – spazio di vita, di lavoro, di svago, spazio per attività fisiche, spazio culturale, spazio economico e base per la biodiversità. Si tratta di paesaggi che si sono sviluppati nel corso dei secoli e che sono stati profondamente trasformati, soprattutto negli ultimi decenni. Nella nostra società, caratterizzata dalla crescita e dalla mobilità, devono soddisfare tutta una serie di esigenze. La versione aggiornata della Concezione «Paesaggio svizzero» (CPS)1, adottata nel 2020 dal Consiglio federale, rappresenta il filo rosso per la ponderazione degli interessi e fornisce il quadro per uno sviluppo del paesaggio coerente e orientato alla qualità. Secondo la visione del Consiglio federale, la bellezza e la diversità dei paesaggi svizzeri, con le loro caratteristiche naturali e culturali regionali, devono offrire alle generazioni presenti e future un’elevata qualità di vita e uno spazio per sviluppare attività economiche. Per realizzare questa visione, la CPS definisce sette obiettivi generali e sette obiettivi di qualità paesaggistica specifici come pure obiettivi coordinati per le politiche settoriali rilevanti per il paesaggio. La CPS funge da strumento di coordinamento delle leggi e degli strumenti che riguardano il paesaggio. Questo vale per la protezione della natura e del patrimonio culturale e per la pianificazione territoriale, così come per la politica agricola, la difesa nazionale, la politica regionale e il turismo. In quest’ottica lo sviluppo regionale dovrebbe considerare maggiormente la diversità dei paesaggi, con i loro valori naturali e culturali regionali tipici, come un’importante fattore di attrattiva e di differenziazione (unique selling proposition) e dovrebbe contribuire sia alla loro salvaguardia che allo sviluppo economico sostenibile.

Il Cantone, coordinatore e pioniere

Sviluppare progetti che soddisfino le richieste della società in termini di elevata qualità del paesaggio e che funzionino dal punto di vista economico – cioè siano globalmente sostenibili – pone una serie di sfide per i promotori. Occorre definire il raggio d’azione nel quale il dispendio e il ritorno economico più o meno si equivalgono, ma anche orientarsi tra le molteplici prescrizioni, possibilità di finanziamento e livelli d’azione. Esempi di buona prassi, ausili e offerte di sostegno forniscono già indicazioni utili. Il Canton Ticino, per esempio, ha istituito la Piattaforma paesaggio che fa capo alla Sezione dello sviluppo territoriale. Essa coordina i progetti e opera come una sorta di sportello unico per i promotori di progetti (Comuni, cooperative, associazioni o federazioni). Gli esperti aiutano a trovare i finanziamenti, forniscono consulenza e accompagnano i richiedenti, indirizzandoli se necessario verso possibili alternative, come organizzazioni private e fondazioni. «L’impegno finanziario del Cantone è spesso un presupposto decisivo per ottenere un ulteriore sostegno», spiega Paolo Poggiati, presidente della piattaforma. Dal 2008 al 2018 la Piattaforma paesaggio, che raggruppa anche i compiti di tutti gli uffici cantonali coinvolti (economia, foresta e agricoltura, conservazione della natura e del patrimonio, tutela dei monumenti ecc.), si è occupata di 57 progetti per un volume totale di investimenti pari a circa 30 milioni di franchi. «I progetti sono estremamente importanti soprattutto per le piccole valli periferiche e le aree di montagna», sottolinea Poggiati. «Le iniziative hanno ridato vita a catene di valore locali e innescato nuove forme di cooperazione».

Buone prassi di sviluppo regionale legate al paesaggio

Su incarico dell’UFAM, la società PLANVAL AG ha analizzato tutta una serie di esempi pratici per capire se e come il paesaggio possa rappresentare un potenziale per lo sviluppo regionale sostenibile e come le regioni possano concretamente trarre vantaggio dal paesaggio, inteso come tema prioritario per lo sviluppo. Lo studio2 pubblicato da PLANVAL copre un centinaio di progetti paesaggistici e classifica le strategie di valorizzazione del paesaggio in tre categorie: mercato (luogo di residenza, turismo, energia), rimunerazione dei servizi paesaggistici e mista (parchi, agricoltura). Infine, lo studio approfondisce dodici esempi modello, che coprono un ampio spettro di ambiti di attività. Il modo migliore per valorizzare un paesaggio è riconoscere il potenziale specifico, utilizzarlo in modo mirato e preservarlo. Questo richiede generalmente l’interazione di diversi settori quali il turismo, l’agricoltura e la conservazione della natura. Una caratteristica fondamentale degli esempi modello è la presenza di un organismo responsabile della gestione e del coordinamento a lungo termine. Le strategie regionali si sono dimostrate molto utili in questo senso (cfr. regioS 17). Ai fini dell’implementazione lo studio propone un modello con percorsi di sviluppo che possono essere suddivisi in sei fasi. Evidenzia inoltre l’importanza di un orientamento a lungo termine. È raro che gli attori coinvolti ottengano rapidamente risultati: sono quindi d’obbligo perseveranza, determinazione e pazienza.

© regiosuisse Sulla base: «Landschaft als Leitthema für eine nachhaltige Regionalentwicklung». Eine Analyse von Musterbeispielen. Schlussbericht. PLANVAL, sotto il mandato dell’UFAM. Berna, 2019 © regiosuisse

100% Valposchiavo

Ne è un esempio eloquente lo sviluppo del paesaggio in Valposchiavo, dove è in corso la seconda tappa del progetto «100% Valposchiavo», che punta a creare entro il 2028 una catena del valore biologico integrata. Gli agricoltori non solo gestiranno le loro aziende in base ai metodi dell’agricoltura biologica ma trasformeranno anche tutti i loro prodotti (latticini, carne, farina di grano saraceno, erbe, frutta ecc.) e li commercializzeranno con il marchio «100% Valposchiavo»®. Il progetto riscontra successo. «Ci sono già un centinaio di prodotti commercializzati con il marchio», spiega Cassiano Luminati, direttore del Polo Poschiavo. Dal 2015, la maggior parte dei ristoranti della valle hanno incluso nel loro menu piatti preparati esclusivamente con ingredienti locali. La Confederazione contribuisce con 10,7 milioni di franchi al finanziamento della seconda tappa (2021-2028) nell’ambito del programma Progetti di sviluppo regionale (PSR) dell’Ufficio federale dell’agricoltura. Lo sviluppo della Valposchiavo verso una bio smart valley è stato pianificato da tempo. Luminati ricorda che la valle è stata una delle prime ad adottare l’agricoltura biologica e che oggi il 95% delle superfici agricole è coltivato in modo biologico, una percentuale ineguagliata in Svizzera. Un passo decisivo per lo sviluppo è stato il riconoscimento della linea ferroviaria del Bernina quale patrimonio mondiale dell’UNESCO nel 2008. «Abbiamo sviluppato in modo partecipativo una strategia regionale che si focalizza sulle risorse materiali e immateriali del nostro territorio», spiega Luminati, «con l’obiettivo di fare della Valposchiavo la base economica fondamentale per lo sviluppo regionale». La strada per raggiungerlo passa per una simbiosi tra agricoltura biologica e turismo sostenibile con un paesaggio unico a fare da sfondo. Si tratta di un progetto a lungo termine che la popolazione locale sta realizzando passo dopo passo. A tal fine, viene fatto un uso intelligente dei numerosi strumenti messi a disposizione dalla politica. Con l’ultimo progetto avviato (progetto modello «Salvaguardare nel tempo i valori paesaggistici per le generazioni future»), la Valposchiavo si prefigge di definire il proprio futuro partendo da una prospettiva comune (Prospettiva 2040). La memoria storica, la conoscenza tradizionale del paesaggio e i valori della popolazione locale devono essere integrati maggiormente nei processi di sviluppo regionale.

Vista su Poschiavo dalla Valposchiavo © regiosuisse

Sulle tracce dei primi turisti

Circa due terzi dei progetti di valorizzazione del paesaggio esaminati nello studio realizzato da PLANVAL riguardano il turismo. Non è una coincidenza, se si considerano la densità unica di paesaggi attrattivi che conta la Svizzera e l’evoluzione storica. La scoperta delle Alpi dal punto di vista turistico la si deve essenzialmente agli inglesi e ai loro viaggi di studio. In analogia al «Grand Tour» organizzato per la prima volta da Thomas Cook nel 1858 sotto forma di pacchetto turistico attraverso la Svizzera, Svizzera Turismo ha lanciato nel 2015 il progetto «Grand Tour of Switzerland» che ha come punto focale la diversità paesaggistica. Si tratta di un itinerario su strada che si snoda su 1640 km e attraversa i paesaggi più spettacolari e le città più belle della Svizzera. Collega 5 passi alpini, 22 laghi, 12 siti del patrimonio mondiale dell’UNESCO e 45 luoghi di interesse. L’offerta fa capo a infrastrutture esistenti (trasporti, ristorazione e settore alberghiero). L’unico intervento nel paesaggio è rappresentato da 650 cartelli discreti e da 48 postazioni (foto spot) che incorniciano squarci particolari del paesaggio e invitano i visitatori a scattare fotografie. «Con essi, mettiamo al centro dell’esperienza turistica immagini iconografiche del paesaggio e degli insediamenti», spiega Matthias Imdorf della Erlebnisplan AG, che è stato coinvolto nel progetto in qualità di consulente. Imdorf è convinto che la valorizzazione del paesaggio offra un potenziale quasi infinito.

© regiosuisse

Benefici economici difficili da quantificare

I casi di studio esaminati da PLANVAL illustrano chiaramente che un uso e una gestione del paesaggio sostenibili, orientati alla qualità e diversificati possono dare buoni risultati. Un presupposto importante è la conoscenza del quadro giuridico complesso e il coordinamento mirato dei partecipanti in un’ottica di good governance.

Per molti casi di studio i benefici ecologici e paesaggistici sono altrettanto evidenti dei benefici intangibili quali il guadagno di immagine, la cultura della cooperazione o nuove reti socio-economiche. C’è però una sfida da vincere: il valore aggiunto concreto che può essere effettivamente ottenuto con i prodotti e i servizi legati al paesaggio rimane spesso poco chiaro a causa della mancanza di dati e il beneficio economico che una regione perde rinunciando alla valorizzazione del paesaggio può essere determinato solo indirettamente. È quindi necessario elaborare le opportune basi. «Anche se i benefici diretti del paesaggio per l’agricoltura e la silvicoltura, oppure per una regione e una questione specifica, possono di solito essere calcolati abbastanza precisamente, i servizi culturali e turistici forniti dal paesaggio sono difficili da quantificare globalmente», rilevano gli economisti della HES-SO di Ginevra in un metastudio3.

Non sussiste necessariamente una relazione diretta tra il valore ecologico di un paesaggio (p. es. come hotspot di biodiversità) e il suo valore economico. Un parco cittadino molto frequentato dai residenti può avere un valore economico superiore a quello di un’area naturale periferica. Per rilevare il valore di un paesaggio e le prestazioni che questo fornisce, gli economisti utilizzano metodi indiretti che permettono, per esempio, di valutare con l’ausilio dei valori immobiliari la vista lago o il panorama montano. Uno studio dell’UFAM4 del 2012 ha stimato il valore ricreativo dei boschi svizzeri a due-quattro miliardi di franchi svizzeri all’anno, mentre uno studio5 del Politecnico di Zurigo e dei Parchi Svizzeri ha stimato il valore aggiunto turistico del Parco paesaggistico di Binntal a 22 milioni di franchi svizzeri e quello del Parc Ela a 106 milioni di franchi svizzeri all’anno.

Gli elementi oggettivi per una valutazione economica del paesaggio sono tuttora insoddisfacenti. La misurabilità del valore aggiunto creato dal paesaggio sarebbe tuttavia un prerequisito importante per un approccio più mirato allo sviluppo regionale legato al paesaggio. L’esperto di turismo Jürg Schmid vede opportunità di crescita superiori alla media soprattutto nel turismo rispettoso della natura, che potrebbe essere sviluppato senza compromettere la qualità del paesaggio. «I parchi naturali regionali e i siti del Patrimonio mondiale presentano l’essenza della natura svizzera e della diversità regionale». Secondo l’esperto, mancano offerte attrattive orientate alle esigenze degli ospiti così come, in particolare, esperienze turistiche per i turisti con maggiore capacità di spesa, grazie alle quali è possibile trasformare in valore aggiunto il grande potenziale esistente (vedi anche Tavola rotonda virtuale «La bellezza del paesaggio è fondamentale per il turismo.»

Le potenzialità, gli strumenti e gli esempi di buona prassi per sfruttare e nel contempo promuovere l’alta qualità del paesaggio nelle regioni della Svizzera ci sono. Servono ora persone impegnate che abbiano buone idee e perseveranza, che sappiano riconoscere il potenziale esistente e ispirino altri attori ad impegnarsi a loro volta.

Quadro giuridico e strumenti di finanziamento

Legislazione rilevante per il paesaggio: Costituzione federale (Cost.), legge sulla pianificazione del territorio (LPT), legge federale sulla protezione della natura e del paesaggio (LPN), ordinanza sui parchi (OPar), legge sull’agricoltura (LAgr), legge sulle foreste (LFo), legge sulla protezione delle acque (LPAc), legge federale sui percorsi pedonali ed i sentieri (LPS), legge sulla caccia (LCP), legge sulla pesca (LFSP), legge sull’energia (LEne), legge sulle strade nazionali (LSN), legge sulle ferrovie (Lferr), Concezione Paesaggio svizzero, ecc.

Strumenti di finanziamento federali: Nuova politica regionale (NPR), politica federale in materia di parchi, accordi programmatici per la protezione della natura e del paesaggio, aiuti finanziari ai sensi dell’art. 13 LPN (vie di comunicazione e siti storici/conservazione di monumenti), progetti di sviluppo regionale (PSR), progetti di qualità del paesaggio (PQP), Progetti modello sviluppo sostenibile del territorio, promozione turistica (Innotour), Fondo svizzero per il paesaggio, ecc.

gantrisch.ch

valposchiavo.ch

grandtour.myswitzerland.com

regiosuisse.ch/npr

progettimodello.ch

ufam.admin.ch/parchi

parks.swiss 

blw.admin.ch/psr

regiosuisse.ch/aiuti-finanziari

Bibliografia e ulteriori informazioni

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La resilienza per far fronte alle crisi

Pirmin Schilliger

La priorità della Nuova politica regionale (NPR) è quella di rafforzare lo sviluppo economico delle regioni a lungo termine e aiutarle a far fronte al cambiamento strutturale. Non contempla quindi l’intervento in caso di crisi. La crisi provocata dal coronavirus offre comunque l’occasione di analizzare con spirito critico la strategia attuale. Le domande fondamentali da porsi sono: con quali misure e progetti le regioni possono prepararsi meglio agli shock futuri e, più in generale, ai cambiamenti profondi? Cosa possiamo imparare dagli altri Paesi? Una cosa sembra chiara: in futuro, nella politica regionale, dovranno confluire sistematicamente anche aspetti della resilienza. Ma cosa significa esattamente?

«Negli ultimi anni siamo riusciti a profilare saldamente la nostra regione come destinazione turistica sostenibile. Questo posizionamento – come pure la percentuale tradizionalmente alta di ospiti svizzeri – ci ha sicuramente aiutato durante la crisi», spiega Martina Schlapbach, operatrice dello sviluppo regionale della Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair. A contribuire a mitigare gli effetti della crisi sono stati anche vari progetti NPR che promuovono il turismo sostenibile. Considerazioni analoghe anche per quanto riguarda la gestione della crisi nell’Oberland bernese. Stefan Schweizer, direttore della Conferenza regionale Oberland Ost, è convinto che grazie alla NPR l’economia della regione abbia potuto reagire partendo da una base più ampia. Pensa ad esempio ai numerosi progetti NPR realizzati di recente che mirano a un turismo diversificato e versatile. Tuttavia, Schweizer si chiede fino a che punto ci si possa preparare ad una situazione eccezionale come quella della pandemia di coronavirus.

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Trarre le giuste conclusioni

Se la pandemia si fosse attenuata rapidamente in modo da permettere all’economia di riprendersi in tempi brevi, saremmo stati di fronte a un caso isolato, un evento eccezionale da non interpretare in modo forzato o eccessivo e dal quale non si sarebbero dovute trarre conclusioni errate. Ma con la seconda ondata pandemica, i segnali vanno in un’altra direzione: la politica, le imprese e la società sono tuttora impegnate a superare la crisi unendo le forze nell’intento di limitare il più possibile i danni in campo sanitario ed economico. Inoltre, è necessario analizzare rapidamente e in modo approfondito gli effetti di questo evento e trarne le giuste conclusioni. Nell’ambito della NPR bisogna chiedersi quali sono, all’interno del tessuto economico regionale, i principali punti deboli messi in luce dalla pandemia. Questo processo di analisi si impone in particolare nelle regioni che hanno sofferto più delle altre delle conseguenze della pandemia. Occorre esaminare in modo approfondito la loro vulnerabilità e la loro esposizione alle crisi. Ciò che interessa maggiormente gli attori che partecipano all’analisi è come una regione possa prepararsi meglio agli shock futuri e ai mutamenti profondi. I rischi e i pericoli connessi possono essere disinnescati o addirittura trasformati in opportunità già oggi?

Una soluzione potrebbe essere quella di orientare rigorosamente lo sviluppo regionale agli aspetti della resilienza. Ma cos’è la resilienza? Il termine resilienza deriva dal latino «resilire», che significa fare un salto all’indietro o rimbalzare. Il concetto indica la capacità di un sistema di ritornare al suo stato iniziale dopo essere stato sottoposto a una perturbazione. In psicologia il concetto è in uso da tempo: una persona è resiliente se è in grado di resistere alle avversità e agli shock e rimane psicologicamente stabile anche in situazioni di crisi.

Da circa vent’anni la resilienza è un tema che interessa anche l’economia e l’ecologia. Proprio come l’essere umano, un sistema complesso può mantenere stabili e intatte le sue strutture e funzionalità, anche in periodi di intensi mutamenti, grazie a un continuo adattamento. Non a caso il concetto torna sistematicamente alla ribalta in tempi di crisi (durante la crisi finanziaria del 2008, la crisi dell’euro nel 2015 e ora la crisi del coronavirus). I pionieri mondiali delle strategie di sviluppo territoriale orientate alla resilienza sono le cento grandi città che hanno aderito al programma internazionale «Global Resilient Cities Network» avviato dalla Fondazione Rockefeller nel 2011. L’obiettivo del programma è di rendere le città più resistenti agli eventi climatici estremi e allo stress legato ai cambiamenti climatici.

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Un modello e ulteriori approcci

Di recente, il concetto di resilienza è stato esteso dall’urbanistica allo sviluppo delle regioni rurali. In Austria, ad esempio, ÖAR Regionalberatung GmbH ha pubblicato nel 2010 uno studio dal titolo «Wie gehen Regionen mit Krisen um?» (Come le regioni affrontano le crisi?) su mandato della Cancelleria federale austriaca. I ricercatori austriaci sono giunti alla conclusione che in situazioni di emergenza nelle regioni resilienti si verifica uno dei tre scenari seguenti: le regioni reggono la crisi senza subire impatti negativi (1), reggono la crisi e riescono a compensare in breve tempo gli effetti negativi (2) oppure reggono la crisi e riescono addirittura a sovracompensare gli effetti negativi (3). Nel migliore dei casi, escono addirittura rafforzate dalla crisi. In questo senso, la resilienza è l’antidoto alla vulnerabilità. In situazioni di crisi una regione resiliente è in grado di attivare risorse di «autoguarigione» insospettate e trova rapidamente la risposta giusta alle minacce e alle sfide. I tre scenari si basano su indicatori sociali, ecologici ed economici chiaramente identificabili e misurabili, che includono l’evoluzione demografica, la soddisfazione di vita, la spesa per la cultura, la qualità ambientale, l’esposizione ai rischi, la creazione di valore, la diversificazione del tessuto imprenditoriale, la creazione di nuove aziende. Nella sua ricerca, ÖAR Regionalberatung GmbH ha sviluppato un modello globale di resilienza. Il percorso verso la resilienza implica processi consapevoli di gestione strategica, organizzazione e compensazione che combinano il principio fondamentale dello sviluppo sostenibile con la diversificazione economica e sociale, la formazione di base e continua, l’orientamento al futuro, l’innovazione e una sana cultura dell’errore.

Nel frattempo, oltre al modello ÖAR, sono stati sviluppati altri approcci che mostrano come la resilienza potrebbe essere raggiunta nelle aree rurali e periferiche. Gabi Troeger-Weiss, responsabile della cattedra di Sviluppo regionale del Politecnico di Kaiserslautern, si occupa principalmente di ricerca sui rischi riferiti al territorio. In particolare, studia come le tendenze demografiche, sociali, climatologiche ed economiche (ad es. la digitalizzazione) potrebbero influenzare la resilienza futura della regione. Nel 2019 l’associazione Ländliche Entwicklung del Land Baviera ha lanciato a Oberallgäu un progetto pilota che mira a identificare punti di partenza per integrare la resilienza nello sviluppo regionale. Dal canto suo, la Resilient Regions Association di Malmö (Svezia) ha adottato un approccio pragmatico creando una piattaforma politicamente neutrale che permette ai rappresentanti del mondo accademico, dell’economia, dei comuni, delle regioni e delle aziende di incontrarsi regolarmente per risolvere problemi e compiti regionali nell’ottica della resilienza.

Daniel Deimling e Dirk Raith, ricercatori dell’Università di Graz che si occupano di sviluppo regionale, hanno optato per un approccio più ampio in termini di contenuti e promuovono una visione alternativa della resilienza regionale, intesa come paradigma sostenibile dello sviluppo regionale. Questo tipo di resilienza non dovrebbe limitarsi all’adattamento alle crisi e agli shock esterni, ma dovrebbe piuttosto avere un effetto trasformativo e mirare a una «ri-regionalizzazione» e alla rilocalizzazione. Secondo questa visione, le regioni dovrebbero essere messe in condizione di reggere anche condizioni quadro completamente cambiate. Questo permetterebbe alle regioni periferiche di rompere il circolo vizioso dello spopolamento e della perdita di risorse vitali.

Vulnerabilità e resilienza
A partire dagli anni 1980, vulnerabilità e resilienza sono diventate una categoria concettuale fondamentale di varie discipline accademiche. Oltre che in geografia, questi due concetti sono entrati a far parte anche della gestione e pianificazione del territorio, soprattutto in relazione ai pericoli naturali e ai cambiamenti climatici. Il nucleo concettuale della teoria della vulnerabilità e della resilienza risiede in un duplice approccio strutturale: la vulnerabilità risulta dai rischi esterni a cui sono esposti un territorio o una regione e dall’assenza di resilienza, ovvero dalla mancanza di risorse per far fronte alle minacce. L’analisi della vulnerabilità e della resilienza territoriale e sociale si concentra quindi sull’interazione tra l’esposizione ai rischi e le possibilità di gestire le conseguenze di un evento critico senza subire gravi danni.

Wisner B., Blakie P., Cannon T.: At Risk. Natural hazards, people’s vulnerability and disasters. London, 2004.

Resilienza, il futuro dello sviluppo regionale e territoriale sostenibile

Anche se in Svizzera la resilienza è un tema che interessa da tempo soprattutto la ricerca, quest’aspetto è presente in filigrana anche nell’attuazione della NPR. «Molte misure della NPR puntano a ottenere un effetto stabilizzante e a lungo termine. La maggior parte dei progetti avviati finora contribuisce quantomeno indirettamente alla resilienza», spiega Johannes Heeb, responsabile di formation-regiosuisse, pur sottolineando l’assenza di un approccio sistematico. Ma le cose stanno cambiando. Anche per effetto della crisi legata alla pandemia di coronavirus, la resilienza troverà esplicitamente posto anche nella NPR. Quest’autunno formation-regiosuisse ha infatti affrontato concretamente il tema proponendo uno specifico modulo di formazione online. Il webinar ha permesso agli attori dello sviluppo regionale di familiarizzarsi con gli aspetti fondamentali della resilienza e di sviluppare approcci applicativi concreti. «Trasponiamo i concetti teorici alle pratiche delle regioni», spiega Heeb. Agilità, innovazione, cultura di squadra e di progetto e prevenzione sono utilizzati come elementi operativi nella gestione della resilienza. Heeb sottolinea che l’obiettivo è dotare le regioni degli strumenti e delle competenze per reagire ai cambiamenti e alle crisi con un effetto stabilizzante, utilizzandoli come stimoli per l’innovazione e lo sviluppo.

Rendere le regioni più resilienti richiede un processo a più livelli. Il «barometro della resilienza» sviluppato dall’Istituto Pestel di Hannover potrebbe aiutare le regioni ad adottare decisioni ragionate per raggiungere la resilienza. Lo strumento analizza e misura la vulnerabilità di una regione in base a 18 indicatori e permette di valutare in che misura una regione conserva la sua capacità di azione in caso di crisi. Mostra anche come questa capacità possa essere migliorata preventivamente grazie alla dotazione di risorse, al capitale sociale e alla flessibilità. Il barometro della resilienza, sviluppato principalmente per le regioni dell’UE, potrebbe essere adattato alla realtà svizzera e diventare uno strumento prezioso anche per le regioni interessate dalla NPR.

Come si può rendere più resiliente una regione?
La resilienza, intesa come strumento di prevenzione, mira a ridurre la vulnerabilità e/o l’esposizione alle crisi di una regione e la concentrazione dei rischi. In quest’ottica sono rilevanti le seguenti strategie:

  • diversificazione dell’economia anziché monostruttura – presenza di vari settori e rami economici, aziende di diverse dimensioni, relazioni commerciali, lavorative e abitative diversificate;
  • risorse umane e capitale sociale – alto livello di istruzione con una forza lavoro qualificata e duttile, struttura demografica e piramide dell’età equilibrate;
  • governance regionale efficiente e attiva con strategie per il futuro basate sui punti di forza regionali;
  • orientamento al futuro e identificazione tempestiva degli sviluppi a lungo termine (obiettivo al quale mira la NPR attraverso le strategie regionali di sviluppo, cfr. regioS 17);
  • disponibilità al cambiamento, flessibilità, agilità, capacità di innovazione, multidisciplinarietà;
  • capacità di imparare e di cooperare, reti di comunicazione dense, feedback rapidi, curiosità e apertura.

In definitiva, la resilienza non è uno stato ma un processo che, con l’aiuto di una metodologia specifica, promuove lo sviluppo sostenibile di una regione e la aiuta a gestire meglio le crisi.

Progetti modello nell’Alto Vallese

A svolgere un ruolo da pioniere in Svizzera è la società di consulenza EBP che, in collaborazione con l’agenzia di sviluppo regionale RWO (Regions- und Wirtschaftszentrum Oberwallis AG), ha sviluppato uno strumento di analisi della resilienza basato in parte sugli studi e i lavori condotti a livello internazionale menzionati (Fondazione Rockefeller, Pestel-Institut, Bundesanstalt für Strassenwesen ecc.). Questo strumento viene ora testato per la prima volta nelle regioni di montagna (nel comune di Mörel-Filet e nella Lötschental) nell’ambito del progetto modello «Regioni di montagna resilienti: sfruttare i punti di forza della regione dell’Alto Vallese». «Il tool si basa su un questionario con 10 aree tematiche, 21 sottotemi e 80 indicatori che esaminiamo in modo approfondito non solo sulla base di cifre e statistiche, ma anche ponendo domande qualitative agli attori locali», spiega il responsabile del progetto Christian Willi. L’obiettivo del progetto modello è integrare i risultati dell’analisi della resilienza in una strategia di sviluppo regionale per i comuni di montagna dell’Alto Vallese che comprenda anche un catalogo concreto di misure. La responsabilità dell’analisi è affidata alla società EBP. L’attuazione delle misure nell’ambito della strategia di sviluppo compete principalmente all’agenzia di sviluppo regionale RWO in collaborazione con altri attori regionali. Lo strumento figura tra i progetti modello «Sviluppo sostenibile del territorio 2020-2023» sostenuti dalla Confederazione. Secondo Christian Willi, le conoscenze acquisite tramite questo progetto pilota possono servire a creare una cultura della resilienza anche in altre regioni, in modo che la consapevolezza della resilienza venga sistematicamente integrata in tutte le strategie regionali di sviluppo come pure nelle misure e nei progetti corrispondenti.

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Approccio bottom-up partendo dalle regioni

Anche se la pandemia ha evidenziato impietosamente la vulnerabilità delle regioni, si tratta solo di uno dei tanti possibili scenari di crisi e di minaccia. Proprio per questa ragione la questione della minimizzazione dei rischi e della prevenzione è urgente e pressante. Martina Schlapbach, della Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair, è convinta che in linea di principio ogni regione strutturalmente debole possa essere resa più resiliente. Sostiene tuttavia che in sede di implementazione servono soluzioni adattate alla realtà regionale. «Bisogna tener presente che la debolezza strutturale è percepita e definita in modo molto diverso all’interno di una regione e al suo esterno. La resilienza deve quindi corrispondere precisamente ai bisogni della popolazione.» Sempre secondo Martina Schlapbach l’attuale strategia di sviluppo ha dimostrato tutta la sua validità durante la crisi del coronavirus, confermando la necessità di intensificare gli sforzi sulla strada intrapresa. Questo significa che la Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair intende concentrarsi maggiormente sul turismo sostenibile. Il potenziamento delle infrastrutture digitali e delle piattaforme di scambio virtuale consentirà inoltre di migliorare ulteriormente le condizioni quadro per la flessibilizzazione dei modelli di vita, abitativi e di lavoro. «Vogliamo anche esplorare e sperimentare nuove soluzioni partendo dai bisogni delle aziende e della popolazione», dice Schlapbach.

Stefan Schweizer è del parere che lavorare per rafforzare la capacità di azione di una regione in situazioni di crisi sia sempre opportuno, anche se nutre qualche dubbio in merito al rapporto costi-benefici. «Ogni regione deve giudicare autonomamente se e in che misura la resilienza debba essere oggetto di una strategia e implementata a livello operativo.»

Dossier tematico regiosuisse «La resilienza nello sviluppo regionale»
Come possono le regioni essere meglio preparate ad assorbire eventuali shock futuri ed uscirne rafforzate? Questo dossier presenta il tema della resilienza e propone possibili approcci concreti a livello regionale: regiosuisse.ch/resilienza

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regiosuisse.ch/npr-it – progettimodello.ch

Bibliografia

Resiliente Regionen. Zur Intelligenz regionaler Handlungssysteme. In: «Multidisziplinäre Perspektiven der Resilienzforschung», pag. 295–332. Robert Lukesch. Springer Fachmedien, Wiesbaden, 2016.

Regionale Resilienz. Zukunftsfähig Wohlstand schaffen. Dirk Raith, Daniel Deimling, Bernhard Ungericht, Eleonora Wenzel. Metropolis Verlag, 2017.

Wie gehen Regionen mit Krisen um? Eine explorative Studie über die Resilienz von Regionen. Robert Lukesch, Harald Payer, Waltraud Winkler-Rieder. Wien, 2010.

La résilience, un outil pour les territoires ? Clara Villar (Cerema) e Michel David (MEDDE/CGDD). IT-GO Rosko, 2014.

La résilience en trois actes: résistance, reset et relance.  Xavier Comtesse, Mathias Baitan.

Resilienza tra territorio e comunità, Approcci, strategie, temi e casi, Fondaziona cariplo, 21, 2015.

La resilienza territoriale: un concetto polisemico per lo sviluppo delle scienze regionali». Paolo Rizzi. Scienze Regionali, 1/2020.  

Resilienza e vulnerabilità nelle regioni europee. Paola Graziano und Paolo Rizzi. Scienze Regionali, 1/2020.

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