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Il lockdown imposto a metà marzo ha avuto ripercussioni traumatiche sul turismo. Nell’intera Svizzera, i pernottamenti sono crollati praticamente da un giorno all’altro: -62 per cento in marzo, -80 per cento in aprile e -78 per cento in maggio rispetto ai corrispondenti periodi dell’anno precedente. A giugno, a seguito dell’allentamento delle restrizioni, i dati sono leggermente migliorati e, pur facendo segnare ancora un -62 per cento rispetto al 2019, hanno ritrovato il livello del mese di marzo. A disertare in massa le destinazioni turistiche svizzere non sono stati solo gli ospiti stranieri, ma anche quelli residenti in Svizzera. In luglio e agosto, l’occupazione alberghiera ha dato segni di ripresa: secondo l’Ufficio federale di statistica (UST) nei due mesi estivi la variazione dei pernottamenti ha oscillato, in media, tra il -26 e il -28 per cento.
Vacanze (quasi obbligatoriamente) in Svizzera
Le differenze tra una regione e l’altra sono tuttavia considerevoli. Alcune hanno tratto vantaggio dal fatto che gli svizzeri hanno in genere rinunciato a recarsi all’estero e scelto di trascorrere le vacanze nelle località montane svizzere. In Val Poschiavo, ad esempio, gli alberghi hanno rapidamente annunciato il tutto esaurito. Nel mese di luglio, nel distretto di Surselva i pernottamenti sono aumentati del 40 per cento rispetto all’anno precedente, nella Bassa Engadina del 43 per cento e in Val Bregaglia addirittura del 53 per cento. In queste destinazioni la ripresa è proseguita per tutta la stagione estiva fino all’autunno. Tuttavia, anche nelle regioni che hanno fatto registrare un boom di presenze, non tutti hanno motivo di soddisfazione. «Penso soprattutto ai ristoratori, che durante il lockdown sono stati costretti a sospendere del tutto la propria attività e che in seguito, in ragione delle misure di protezione, hanno dovuto fare i conti con importanti restrizioni», spiega Martina Schlapbach, operatrice dello sviluppo regionale della Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair.
Anche in Appenzello, Ticino e certe regioni del Giura, il numero di pernottamenti registrato in estate ha superato nettamente quello dello stesso periodo dell’anno precedente. Nella destinazione Saignelégier-Le Noirmont i pernottamenti sono quasi raddoppiati. Alcuni siti come la Vallemaggia o la Val Verzasca e la piscina di Porrentruy sono stati letteralmente presi d’assalto nei giorni di bel tempo. L’Appenzello ha faticato a tenere testa all’invasione di escursionisti provenienti da ogni angolo della Svizzera, che ha provocato situazioni sulle quali i media non hanno esitato a puntare il dito. Andreas Frey, responsabile di Appenzellerland Tourismus AR, relativizza e non vuole assolutamente sentir parlare di «overturismo»: «Nei giorni di picco abbiamo cercato di dirigere i gruppi di escursionisti verso percorsi meno battuti e penso che ci siamo riusciti».
Non possono lamentarsi nemmeno i locatori di appartamenti di vacanza. Le abitazioni in luoghi isolati sono state quelle maggiormente richieste. In ottobre, ad esempio, quando in altre regioni il picco estivo era ormai un lontano ricordo, sulla piattaforma di Grigioni Turismo, che propone circa 3000 oggetti in locazione in dieci diverse destinazioni, le prenotazioni risultavano superiori di oltre il 70 per cento rispetto all’anno precedente.
Nuvole scure all’orizzonte per il turismo urbano
In campo turistico, le grandi perdenti sono state senza dubbio le città. Gli ospiti internazionali hanno disertato i centri urbani e il turismo d’affari e congressuale ha subito una paralisi pressoché totale. Zurigo (-77%), Ginevra (-75%), Lucerna (-66%), Basilea (-63%) e Berna (-59%) sono state le destinazioni che nei mesi estivi hanno maggiormente perso in termini di pernottamenti. Dopo un lieve miglioramento nei primi giorni di autunno, in ottobre la situazione è tornata a farsi critica e grosse nuvole scure si sono nuovamente addensate all’orizzonte. Secondo un’indagine condotta da Hotelleriesuisse, due terzi degli alberghi dei centri urbani si apprestano a licenziare il loro personale e molti di quelli più grandi rischiano di fallire.
Oltre alle città, anche le regioni di montagna fortemente orientate al turismo internazionale, in particolare in provenienza dall’Asia, risentono fortemente della crisi. Tra queste figura ad esempio la destinazione Engelberg/Titlis. Nei mesi estivi, il fatturato delle Titlis Bergbahnen si è ridotto del 20-30 per cento rispetto all’anno precedente. Pur avendo immediatamente reagito con rigorose misure di riduzione dei costi, il direttore Norbert Patt è stato nel frattempo costretto ad annunciare un taglio di posti di lavoro. Anche la ferrovia della Jungfrau, i cui clienti provenivano per il 70 per cento dall’Asia, ha sofferto il crollo improvviso del turismo internazionale. I responsabili marketing della società hanno cercato di porre rapidamente rimedio alla situazione con iniziative come lo «Jungfrau Corona Pass», che consente di accedere in modo illimitato all’intera rete di trasporti della regione. Nel giro di pochissimo tempo, la proporzione si è invertita e il 95 per cento dei visitatori dello Jungfraujoch provengono ora dalla Svizzera. A differenza dei turisti asiatici, questi spendono però in media meno e la loro presenza è fortemente condizionata dalla meteo.
Tra le destinazioni e gli alberghi che se la sono cavata meglio nell’Oberland bernese vanno annoverati, come nella maggior parte delle regioni svizzere, quelli che puntano soprattutto al mercato interno o europeo. «Hanno tratto particolare beneficio i campeggi, come anche la sottoregione di Haslital-Brienz, tradizionalmente meno orientata al turismo internazionale», sottolinea Stefan Schweizer, direttore della Conferenza regionale Oberland Ost. Nonostante gli spiragli apertisi in estate, anche nell’Oberland bernese il bilancio turistico resta nel complesso negativo. Nella regione di Interlaken, una destinazione a vocazione principalmente internazionale, in luglio i pernottamenti si sono ad esempio dimezzati, malgrado un aumento del 192 per cento degli ospiti provenienti dalla Svizzera. Situazione analoga anche per altre località famose come Wengen, Davos nei Grigioni o diverse destinazioni in Vallese, prima fra tutte Zermatt.
I brutti ricordi del Giura
L’industria orologiera sta al Giura come il turismo alla maggior parte delle regioni di montagna svizzere e, proprio come quest’ultimo, è stata duramente colpita dalla crisi provocata dal coronavirus. Nel secondo trimestre del 2020, il fatturato dell’industria orologiera si è ridotto del 35 per cento. Anche se nel terzo trimestre il settore ha dato segni di ripresa, la Federazione dell’industria orologiera svizzera prevede che l’esercizio si chiuderà con un calo compreso tra il 25 e il 30 per cento. Nei primi dieci mesi dell’anno, le esportazioni di orologi si sono contratte di oltre un terzo rispetto al 2019.
Nelle cosiddette «città orologiere» dell’Arco giurassiano, la situazione evoca brutti ricordi. Anche se, a seguito della crisi attraversata dal settore negli anni ‘70, città come Le Locle hanno diversificato la propria struttura economica, la dipendenza di molte località dall’industria orologiera resta marcata. Emblematico è il caso della Vallée de Joux: nella parte alta della valle, al confine con la Francia, vivono 7000 persone e vi sono 8000 posti di lavoro, legati in stragrande maggioranza all’orologeria. «La pandemia di coronavirus ci ha colpito duramente», si rammarica Eric Duruz, direttore dell’ADAEV (Association pour le Développement des Activités Economiques de la Vallée de Joux). Le fabbriche della regione hanno tempestivamente adottato misure di protezione per il personale, prima ancora che la Confederazione le rendesse obbligatorie, ma durante il lockdown la maggior parte di esse è stata costretta a chiudere per circa un mese e mezzo. Nella Vallée de Joux, anche dal punto di vista sanitario, la pandemia non è stata peraltro una semplice minaccia, ma ha provocato un numero di vittime superiore alla media. Le autorità ai diversi livelli hanno coordinato gli interventi nell’intento di garantire alla popolazione adeguata assistenza sanitaria anche nelle fasi più critiche del contagio. «Per la nostra economia e per l’assistenza sanitaria i frontalieri hanno un’importanza capitale», sottolinea Duruz. Di conseguenza è stato fondamentale che la frontiera con la Francia sia rimasta aperta per i lavoratori pendolari.
Malgrado la crisi sia lungi dall’essere del tutto superata, nella Vallée de Joux sta prendendo forma la speranza di evitare una situazione tragica come quella degli anni ‘70, quando più di un quarto degli abitanti furono costretti a lasciare la valle. «Da allora, abbiamo fatto il callo alle crisi e siamo molto più resilienti», ribadisce Duruz, dicendosi convinto che la regione uscirà addirittura rafforzata da questa prova «grazie alla capacità d’innovazione, alla solidarietà, a una buona dose di caparbietà e allo spirito battagliero della popolazione».
Un bilancio intermedio
Come si concluderà il 2020, l’anno segnato dal coronavirus? Quanto ci metterà l’economia a riprendersi? Già il 12 ottobre gli economisti della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) hanno fatto una previsione da considerarsi attendibile, calcolando per l’anno in corso un calo del prodotto interno lordo del 3,8 per cento. Si tratta di una stima nettamente più ottimistica rispetto a quelle primaverili che, nel peggiore degli scenari, non escludevano un crollo fino al 10 per cento. Tuttavia, ammesso che la previsione di ottobre si realizzi, le ripercussioni della pandemia resterebbero molto gravi: un calo del PIL del 3,8 per cento costituirebbe la più pesante recessione dai tempi della crisi petrolifera di metà degli anni ‘70.
Effetti dell’emergenza Covid-19 sull’economia delle regioni
Nel quadro del monitoraggio delle regioni, regiosuisse osserva lo sviluppo economico regionale e segnatamente le ripercussioni della crisi provocata dal coronavirus. I risultati delle ultime analisi sono pubblicati sulla pagina web regiosuisse.ch/crisi-del-corona
La seconda ondata, intervenuta nel frattempo, ha scompigliato le carte. In questo momento fare un bilancio è difficile e ogni previsione è rapidamente superata dall’evolversi della situazione. A fine ottobre, al momento della chiusura di questo numero, quattro quinti delle imprese attive nel turismo si attendevano un ulteriore peggioramento nella stagione invernale che, notoriamente, è di gran lunga più importante della stagione estiva soprattutto per le destinazioni sciistiche. Secondo Martin Nydegger, direttore di Svizzera Turismo, il settore deve prepararsi ad affrontare una lunga traversata del deserto: «Per una ripresa completa bisognerà attendere il 2023 o il 2024». Il responsabile della promozione turistica nazionale teme una situazione particolarmente «pesante» per le città, mentre abbozza un quadro leggermente più ottimistico per le regioni tradizionalmente orientate agli sport invernali. Monika Bandi Tanner, co-responsabile del Centro di ricerca sul turismo presso il Centro per lo sviluppo economico regionale dell’Università di Berna, sottolinea che ora molto dipende da come evolverà la situazione sul fronte della pandemia e da quali misure e piani di protezione saranno adottati per le zone sciistiche. Attualmente, a causa dei numerosi elementi di incertezza, è dunque estremamente difficile prevedere come terminerà l’anno turistico 2020.
Lavoro a distanza e ritiro in montagna
Ad accrescere la vulnerabilità di molte regioni non è stato solo il fatto di essere fortemente centrate su settori economici particolarmente colpiti dalla crisi, come il turismo o l’industria orologiera. Anche la dimensione delle imprese, a prescindere dal settore di appartenenza, ha svolto un ruolo in questo senso. Secondo un’indagine condotta dall’UBS, durante il lockdown hanno dovuto sospendere l’attività un’azienda su cinque tra quelle con meno di dieci addetti, una su dieci tra quelle da 10 a 49 addetti e «solo» il 3 per cento delle grandi aziende. Le ripercussioni sono state quindi particolarmente negative in Cantoni come Appenzello Interno, Grigioni e Vallese, nei quali l’incidenza delle piccole e delle micro imprese risulta elevata. Sulla base di diversi altri indicatori, l’UBS è giunta alla conclusione che, in generale, i Cantoni di montagna hanno sofferto maggiormente la crisi e che necessiteranno tempi di ripresa più lunghi.
La pandemia ha confermato che le crisi accelerano e rafforzano le tendenze in atto. Analizzando gli effetti dell’introduzione del lavoro a distanza, avvenuta un po’ ovunque, uno studio dell’Università di Basilea è giunto alla conclusione che tale trasformazione ha avuto maggiori ripercussioni sull’economia rurale che sull’economia dei centri urbani. Lo studio non prende però in considerazione il fatto che, durante il lockdown, una parte dei lavoratori ha lasciato le città per ritirarsi in località montane. Le abitazioni di vacanza si sono trasformate rapidamente in luoghi di lavoro, anche se non è chiaro quante delle circa 500 000 residenze secondarie siano state effettivamente utilizzate a questo scopo durante la prima ondata di Covid-19. «Quest’estate la nostra regione è stata piuttosto animata, non da ultimo in ragione delle molte persone che l’hanno scelta per lavorare a distanza», sottolinea Rudolf Büchi, operatore dello sviluppo regionale nella Regiun Surselva. Un indizio della loro presenza è rappresentato dal forte aumento dell’utilizzazione della rete e dei minuti di conversazione telefonica nella regione. «In quest’ottica, un’eccellente infrastruttura in fatto di banda larga e abitazioni di vacanza gestite in modo imprenditoriale, combinate a un’offerta di spazi di coworking, come ad esempio presso il Rocks Resort di Laax, rappresentano eccellenti condizioni per il lavoro a distanza e costituiscono gli atout del distretto di Surselva», ribadisce Büchi.
Anche se, dopo il lockdown, la maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori a distanza sono tornati nei rispettivi luoghi di residenza in città, alcuni ci hanno preso gusto e si sono chiesti se il loro «rifugio» non possa diventare anche il loro luogo di lavoro abituale. Una riflessione perfettamente in linea con quella degli strateghi dello sviluppo, che vedono il futuro delle aree montane nell’economia residenziale, favorita da nuove forme di lavoro ibride e flessibili che consentono di coniugare vita privata e attività lavorativa lontano dai centri urbani (cfr. regioS 18).
In generale, gli attori NPR hanno dovuto imparare molto in poco tempo, ma l’organizzazione ha retto bene anche nei momenti più difficili.
La NPR in modalità di crisi
Come hanno reagito alla crisi provocata dal coronavirus i responsabili della NPR a livello regionale? Disponevano effettivamente di un margine di manovra? Stefan Schweizer mette in chiaro che il ruolo della NPR non è quello di mostrare un attivismo frenetico in situazioni straordinarie, gestendo interventi di crisi o addirittura aiuti di emergenza. Secondo il direttore della Conferenza regionale Oberland Ost, la politica regionale è orientata piuttosto al lungo periodo e il suo obiettivo è di accelerare e intensificare il cambiamento strutturale. Rudolf Büchi concorda: «Le nostre possibilità di intervenire direttamente per attutire gli effetti della crisi dovuta al coronavirus sono limitate». In effetti, nella maggior parte delle regioni svizzere si è rinunciato a lanciare progetti NPR volti a combattere la crisi.
Ciò non significa tuttavia che gli attori NPR siano rimasti con le mani in mano; anzi, al contrario: la regione Engiadina Bassa/Val Müstair, la Regiun Surselva nonché le regioni di Imboden e Viamala hanno ad esempio partecipato a un’iniziativa a livello cantonale che ha portato alla creazione di una piattaforma online per la commercializzazione dei prodotti regionali rimasti disponibili durante la crisi. «Questa piattaforma è stata e resta molto apprezzata. Stiamo ora valutando se è il caso di perennizzarla a prescindere dalla crisi in corso», spiega Martina Schlapbach, operatrice dello sviluppo regionale della Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair. Piattaforme analoghe hanno visto la luce anche in molte altre regioni, come «mehr-uri.ch» nel Cantone di Uri, finanziata tramite la NPR, o «favj.ch/c19/» nella Valleé de Joux, per citare solo un paio di altri esempi.
Molte destinazioni turistiche – grazie in particolare all’aumento del budget di Svizzera Turismo – hanno lanciato in tempi brevi iniziative promozionali. Località e alberghi, che finora puntavano sui gruppi e sul turismo congressuale, si sono «riconvertite» al turismo individuale interno. Molti ristoratori hanno ampliato terrazze e plateatici, con le autorità che si sono mostrate decisamente più pragmatiche nel rilascio delle necessarie autorizzazioni, come sottolinea con soddisfazione Andreas Frey di Appenzellerland Tourismus AR. Sono state così rese possibili, ove necessario tramite supporti digitali, diverse prestazioni di servizi nel rispetto delle regole di distanziamento. In questa stessa ottica, a inizio maggio, il Cantone del Vallese e The Ark, una fondazione per la promozione economica, hanno lanciato l’iniziativa «Digitourism», alla quale hanno partecipato con le loro proposte una trentina di start-up. Una giuria ha selezionato in seguito otto progetti che sono stati realizzati con il sostegno di CimArk, l’antenna cantonale del RIS Svizzera occidentale (Sistemi regionali di innovazione). Il denominatore comune dei progetti è il rilancio del turismo vallesano con l’ausilio di soluzioni digitali. Un esempio: nel giro di poche settimane la start-up vallesana Guidos.bike ha sviluppato e lanciato sul mercato la guida turistica digitale e personalizzata «Guidos». Sostanzialmente si tratta di un GPS intelligente che viene montato sulla bici e accompagna l’utilizzatore lungo un itinerario personalizzato. Oltre cinquanta operatori outdoor, inclusa l’importante destinazione turistica di Verbier, hanno già adottato questo nuovo strumento.
La crisi quale opportunità
Nel mese di marzo, all’inizio del lockdown, i RIS hanno prontamente adeguato i loro programmi di coaching. Il RIS Mittelland ha attivato immediatamente un sito web sul quale sono state elencate le principali informazioni inerenti alle offerte di sostegno della Confederazione, del Cantone di Berna e di altre istituzioni. Nel giro di poco tempo, i RIS di tutte le altre regioni hanno seguito il suo esempio. I consulenti hanno convertito la loro offerta dal coaching dell’innovazione alla gestione di crisi. Hanno inoltre sostenuto alcune aziende, come ad esempio la Sensopro AG di Münsingen (BE), nei loro sforzi volti a sfruttare la crisi quale opportunità per ottimizzare i processi e realizzare progetti di trasformazione e innovazione. L’azienda, che da alcuni anni produce attrezzature per allenare la coordinazione senza carichi eccessivi sulle articolazioni, ha approfittato del periodo di tranquillità forzata dovuto alla crisi per sviluppare un nuovo prodotto che potrebbe essere lanciato sul mercato già quest’anno. Il progetto è stato portato avanti con il sostegno del coach RIS, Nicolas Perrenoud.
Durante la crisi, le prestazioni della NPR hanno aiutato molte aziende a superare la china. L’intervento decisivo, che ha consentito a molte di esse di evitare il peggio, è stato però quello del Consiglio federale, che ha predisposto uno speciale pacchetto di misure composto dalla concessione agevolata dell’indennità per lavoro ridotto, da indennità per perdita di guadagno e da crediti d’urgenza garantiti dalla Confederazione. Senza tale sostegno in molte regioni la situazione sarebbe decisamente più critica. In questo contesto, gli effetti delle misure NPR sono stati naturalmente solo complementari. Per alcuni promotori di progetti, tuttavia, la possibilità introdotta in tempi brevi di prorogare gli ammortamenti dei mutui NPR e di quelli assegnati in virtù della legge federale sull’aiuto agli investimenti nelle regioni montane (LIM), ha significato un aumento della liquidità e ridotto la pressione economica.
In considerazione delle molte persone che in questi tempi difficili non hanno lesinato energie a favore della NPR, è doveroso sottolineare come garantire semplicemente la continuità operativa dei progetti durante il lockdown sia stata una sfida enorme. Molti incontri, workshop e convegni si sono dovuti svolgere a distanza o sono stati annullati. Alcune iniziative sono state rinviate, dato che i canali digitali non si prestano a tutto. In generale, gli attori NPR hanno dovuto imparare molto in poco tempo, ma l’organizzazione ha retto bene anche nei momenti più difficili.
regiosuisse.ch/crisi-coronavirus-npr – mehr-uri.ch – favj.ch/c19/
Coronavirus, un acceleratore di innovazione
Auswirkungen der Corona-Krise auf Schweizer KMU, Sebastian Gurtner, Nadine Hietschold:BFH Wirtschaft, 2020 (in tedesco).
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