Paesaggio e sviluppo regionale, una sfida che porta frutti

Pirmin Schilliger & Urs Steiger
La beauté et la spécificité du paysage constituent un facteur économique central dans de nombreuses régions rurales ou de montagne de la Suisse mais aussi dans les agglomérations. Elles constituent la base existentielle de nombreux sites. La question qui s’impose est de savoir jusqu’à quel point ces régions peuvent se développer économiquement sans que leurs paysages ne perdent leurs qualités naturelles et architecturales. La Confédération propose un mode de gestion respectueux du paysage avec les parcs d’importance nationale. Au cours des dernières années, des projets porteurs d’avenir ont aussi été lancés dans le cadre de la Nouvelle politique régionale (NPR), des Projets modèles pour un développement territorial durable et d’autres instruments de promotion, étatiques ou privés. Mettre le paysage en valeur est toutefois une tâche exigeante qui impacte à long terme les domaines les plus divers de la vie et de l’économie.
Stefan Steuri, guardia del parco naturale di Gantrisch © regiosuisse

La regione del Gantrisch, oggi molto apprezzata dagli escursionisti, solo un decennio fa era poco conosciuta. Quest’area prealpina, con i suoi fitti boschi, le gole naturali formate dai fiumi Sense e Schwarzwasser, la catena del Gantrisch e del Gurnigel, le zone paludose e le torbiere, il lago Schwarzsee e il paesaggio della Brecca, è diventata nel 2012 un parco naturale regionale insignito del marchio «Parco naturale regionale Gantrisch» (RNG). Come altre 18 regioni, è sottoposta all’ordinanza sui parchi (OPar), strumento che permette alla Confederazione di sostenere finanziariamente la creazione e la gestione di parchi in aree di alto valore naturale e paesaggistico. L’area del RNG è considerata una regione modello per lo sviluppo sostenibile.

Offerte interessanti

Ramona Gloor, portavoce del RNG, conferma che la creazione del parco ha innescato una serie di progetti nella regione. Le offerte turistiche hanno permesso di valorizzare la regione facendola conoscere come paesaggio alpino ideale per le attività outdoor, le escursioni in mountain bike o in bicicletta o ancora come parco avventura. Un’altra attrazione è il «Gäggersteg», una passerella sopraelevata in legno appena ristrutturata dalla quale i visitatori possono osservare da vicino la ricrescita del bosco dopo la terribile tempesta Lothar del 1999.

Ramora Gloor definisce la creazione e la gestione del parco un compito impegnativo, nel quale la ricerca del giusto equilibrio ha spesso un’importanza determinante. Nei weekend di bel tempo, per esempio, le torbiere e i paesaggi fluviali prossimi allo stato naturale sono presi d’assalto. Grazie a un team di ranger, il team del parco naturale di Gantrisch gestisce in modo mirato i visitatori, indirizzandoli verso i percorsi e i sentieri previsti e tracciati. Gloor spiega che l’obiettivo non è attirare sempre più visitatori con sempre più offerte: «Il turismo deve essere basato su principi di sostenibilità e corrispondere ai valori del nostro parco».

Parco naturale, un marchio e un esempio

A beneficiare del parco naturale dal punto di vista economico sono l’agricoltura, la silvicoltura e le aziende locali: oltre 300 prodotti sono commercializzati con il marchio «Parchi svizzeri». Infine, aspetto altrettanto importante, l’organizzazione che gestisce il parco è un importante committente e datore di lavoro. Funge inoltre da piattaforma di networking per gli attori coinvolti. «Da quando il parco del Gantrisch è stato creato, nella nostra regione regna uno spirito di ottimismo. Grazie al parco la regione ha sviluppato un’identità propria», rileva Gloor. L’area prossima allo stato naturale situata nelle Prealpi bernesi e friburghesi si è affermata come regione unica e inconfondibile e come marchio turistico. È diventata un esempio di come il paesaggio possa essere valorizzato in modo sostenibile e di come si possa nel contempo rafforzarne la qualità.

A questa conclusione sono giunti gli esperti del Centro interdisciplinare per lo sviluppo sostenibile e l’ambiente (CDE) dell’Università di Berna nel rapporto di valutazione che hanno elaborato per il Cantone di Berna, responsabile del parco. Il rapporto fornisce cifre che documentano il contributo al rafforzamento e alla promozione dell’economia regionale: nel 2018 il valore aggiunto turistico indotto dal parco naturale si è attestato a circa 7,3 milioni di franchi. In termini di occupazione, si tratta di 87 posti a tempo pieno. Nel periodo compreso tra il 2012 e il 2018 il valore aggiunto turistico generato dai prodotti regionali ha sfiorato i 9 milioni di franchi. Questi importi non tengono conto delle prestazioni di valorizzazione della natura e del paesaggio fornite dagli agricoltori e dalle organizzazioni private nel parco, come il mantenimento dei prati e dei pascoli aperti (pulizia), la manutenzione e la cura delle siepi, le nuove piantumazioni, la cura dei siti di nidificazione, la ristrutturazione dei muri a secco ecc. Gli esperti intravedono però un ulteriore potenziale di sviluppo economico per il RNG, p. es. nella creazione di valore con il legno o la gastronomia.

Si può trarre una conclusione altrettanto positiva per la maggior parte dei 18 parchi svizzeri d’importanza nazionale, che insieme coprono più di 5200 km2, circa un ottavo del territorio svizzero. L’obiettivo perseguito dalla Confederazione con questi parchi – ossia conservare e migliorare la qualità della natura e del paesaggio in armonia con uno sviluppo economico regionale sostenibile – coincide in larga misura con gli obiettivi della Nuova politica regionale (NPR).

Naturpark Gantrisch: Senseschlucht Copyright: Priska Ketterer / Regiosuisse

Concezione «Paesaggio svizzero» come filo rosso

Nelle aree densamente popolate il paesaggio si configura per lo più come spazio modellato dall’uomo e utilizzato per gli scopi più svariati – spazio di vita, di lavoro, di svago, spazio per attività fisiche, spazio culturale, spazio economico e base per la biodiversità. Si tratta di paesaggi che si sono sviluppati nel corso dei secoli e che sono stati profondamente trasformati, soprattutto negli ultimi decenni. Nella nostra società, caratterizzata dalla crescita e dalla mobilità, devono soddisfare tutta una serie di esigenze. La versione aggiornata della Concezione «Paesaggio svizzero» (CPS)1, adottata nel 2020 dal Consiglio federale, rappresenta il filo rosso per la ponderazione degli interessi e fornisce il quadro per uno sviluppo del paesaggio coerente e orientato alla qualità. Secondo la visione del Consiglio federale, la bellezza e la diversità dei paesaggi svizzeri, con le loro caratteristiche naturali e culturali regionali, devono offrire alle generazioni presenti e future un’elevata qualità di vita e uno spazio per sviluppare attività economiche. Per realizzare questa visione, la CPS definisce sette obiettivi generali e sette obiettivi di qualità paesaggistica specifici come pure obiettivi coordinati per le politiche settoriali rilevanti per il paesaggio. La CPS funge da strumento di coordinamento delle leggi e degli strumenti che riguardano il paesaggio. Questo vale per la protezione della natura e del patrimonio culturale e per la pianificazione territoriale, così come per la politica agricola, la difesa nazionale, la politica regionale e il turismo. In quest’ottica lo sviluppo regionale dovrebbe considerare maggiormente la diversità dei paesaggi, con i loro valori naturali e culturali regionali tipici, come un’importante fattore di attrattiva e di differenziazione (unique selling proposition) e dovrebbe contribuire sia alla loro salvaguardia che allo sviluppo economico sostenibile.

Il Cantone, coordinatore e pioniere

Sviluppare progetti che soddisfino le richieste della società in termini di elevata qualità del paesaggio e che funzionino dal punto di vista economico – cioè siano globalmente sostenibili – pone una serie di sfide per i promotori. Occorre definire il raggio d’azione nel quale il dispendio e il ritorno economico più o meno si equivalgono, ma anche orientarsi tra le molteplici prescrizioni, possibilità di finanziamento e livelli d’azione. Esempi di buona prassi, ausili e offerte di sostegno forniscono già indicazioni utili. Il Canton Ticino, per esempio, ha istituito la Piattaforma paesaggio che fa capo alla Sezione dello sviluppo territoriale. Essa coordina i progetti e opera come una sorta di sportello unico per i promotori di progetti (Comuni, cooperative, associazioni o federazioni). Gli esperti aiutano a trovare i finanziamenti, forniscono consulenza e accompagnano i richiedenti, indirizzandoli se necessario verso possibili alternative, come organizzazioni private e fondazioni. «L’impegno finanziario del Cantone è spesso un presupposto decisivo per ottenere un ulteriore sostegno», spiega Paolo Poggiati, presidente della piattaforma. Dal 2008 al 2018 la Piattaforma paesaggio, che raggruppa anche i compiti di tutti gli uffici cantonali coinvolti (economia, foresta e agricoltura, conservazione della natura e del patrimonio, tutela dei monumenti ecc.), si è occupata di 57 progetti per un volume totale di investimenti pari a circa 30 milioni di franchi. «I progetti sono estremamente importanti soprattutto per le piccole valli periferiche e le aree di montagna», sottolinea Poggiati. «Le iniziative hanno ridato vita a catene di valore locali e innescato nuove forme di cooperazione».

Buone prassi di sviluppo regionale legate al paesaggio

Su incarico dell’UFAM, la società PLANVAL AG ha analizzato tutta una serie di esempi pratici per capire se e come il paesaggio possa rappresentare un potenziale per lo sviluppo regionale sostenibile e come le regioni possano concretamente trarre vantaggio dal paesaggio, inteso come tema prioritario per lo sviluppo. Lo studio2 pubblicato da PLANVAL copre un centinaio di progetti paesaggistici e classifica le strategie di valorizzazione del paesaggio in tre categorie: mercato (luogo di residenza, turismo, energia), rimunerazione dei servizi paesaggistici e mista (parchi, agricoltura). Infine, lo studio approfondisce dodici esempi modello, che coprono un ampio spettro di ambiti di attività. Il modo migliore per valorizzare un paesaggio è riconoscere il potenziale specifico, utilizzarlo in modo mirato e preservarlo. Questo richiede generalmente l’interazione di diversi settori quali il turismo, l’agricoltura e la conservazione della natura. Una caratteristica fondamentale degli esempi modello è la presenza di un organismo responsabile della gestione e del coordinamento a lungo termine. Le strategie regionali si sono dimostrate molto utili in questo senso (cfr. regioS 17). Ai fini dell’implementazione lo studio propone un modello con percorsi di sviluppo che possono essere suddivisi in sei fasi. Evidenzia inoltre l’importanza di un orientamento a lungo termine. È raro che gli attori coinvolti ottengano rapidamente risultati: sono quindi d’obbligo perseveranza, determinazione e pazienza.

© regiosuisse Sulla base: «Landschaft als Leitthema für eine nachhaltige Regionalentwicklung». Eine Analyse von Musterbeispielen. Schlussbericht. PLANVAL, sotto il mandato dell’UFAM. Berna, 2019 © regiosuisse

100% Valposchiavo

Ne è un esempio eloquente lo sviluppo del paesaggio in Valposchiavo, dove è in corso la seconda tappa del progetto «100% Valposchiavo», che punta a creare entro il 2028 una catena del valore biologico integrata. Gli agricoltori non solo gestiranno le loro aziende in base ai metodi dell’agricoltura biologica ma trasformeranno anche tutti i loro prodotti (latticini, carne, farina di grano saraceno, erbe, frutta ecc.) e li commercializzeranno con il marchio «100% Valposchiavo»®. Il progetto riscontra successo. «Ci sono già un centinaio di prodotti commercializzati con il marchio», spiega Cassiano Luminati, direttore del Polo Poschiavo. Dal 2015, la maggior parte dei ristoranti della valle hanno incluso nel loro menu piatti preparati esclusivamente con ingredienti locali. La Confederazione contribuisce con 10,7 milioni di franchi al finanziamento della seconda tappa (2021-2028) nell’ambito del programma Progetti di sviluppo regionale (PSR) dell’Ufficio federale dell’agricoltura. Lo sviluppo della Valposchiavo verso una bio smart valley è stato pianificato da tempo. Luminati ricorda che la valle è stata una delle prime ad adottare l’agricoltura biologica e che oggi il 95% delle superfici agricole è coltivato in modo biologico, una percentuale ineguagliata in Svizzera. Un passo decisivo per lo sviluppo è stato il riconoscimento della linea ferroviaria del Bernina quale patrimonio mondiale dell’UNESCO nel 2008. «Abbiamo sviluppato in modo partecipativo una strategia regionale che si focalizza sulle risorse materiali e immateriali del nostro territorio», spiega Luminati, «con l’obiettivo di fare della Valposchiavo la base economica fondamentale per lo sviluppo regionale». La strada per raggiungerlo passa per una simbiosi tra agricoltura biologica e turismo sostenibile con un paesaggio unico a fare da sfondo. Si tratta di un progetto a lungo termine che la popolazione locale sta realizzando passo dopo passo. A tal fine, viene fatto un uso intelligente dei numerosi strumenti messi a disposizione dalla politica. Con l’ultimo progetto avviato (progetto modello «Salvaguardare nel tempo i valori paesaggistici per le generazioni future»), la Valposchiavo si prefigge di definire il proprio futuro partendo da una prospettiva comune (Prospettiva 2040). La memoria storica, la conoscenza tradizionale del paesaggio e i valori della popolazione locale devono essere integrati maggiormente nei processi di sviluppo regionale.

Vista su Poschiavo dalla Valposchiavo © regiosuisse

Sulle tracce dei primi turisti

Circa due terzi dei progetti di valorizzazione del paesaggio esaminati nello studio realizzato da PLANVAL riguardano il turismo. Non è una coincidenza, se si considerano la densità unica di paesaggi attrattivi che conta la Svizzera e l’evoluzione storica. La scoperta delle Alpi dal punto di vista turistico la si deve essenzialmente agli inglesi e ai loro viaggi di studio. In analogia al «Grand Tour» organizzato per la prima volta da Thomas Cook nel 1858 sotto forma di pacchetto turistico attraverso la Svizzera, Svizzera Turismo ha lanciato nel 2015 il progetto «Grand Tour of Switzerland» che ha come punto focale la diversità paesaggistica. Si tratta di un itinerario su strada che si snoda su 1640 km e attraversa i paesaggi più spettacolari e le città più belle della Svizzera. Collega 5 passi alpini, 22 laghi, 12 siti del patrimonio mondiale dell’UNESCO e 45 luoghi di interesse. L’offerta fa capo a infrastrutture esistenti (trasporti, ristorazione e settore alberghiero). L’unico intervento nel paesaggio è rappresentato da 650 cartelli discreti e da 48 postazioni (foto spot) che incorniciano squarci particolari del paesaggio e invitano i visitatori a scattare fotografie. «Con essi, mettiamo al centro dell’esperienza turistica immagini iconografiche del paesaggio e degli insediamenti», spiega Matthias Imdorf della Erlebnisplan AG, che è stato coinvolto nel progetto in qualità di consulente. Imdorf è convinto che la valorizzazione del paesaggio offra un potenziale quasi infinito.

© regiosuisse

Benefici economici difficili da quantificare

I casi di studio esaminati da PLANVAL illustrano chiaramente che un uso e una gestione del paesaggio sostenibili, orientati alla qualità e diversificati possono dare buoni risultati. Un presupposto importante è la conoscenza del quadro giuridico complesso e il coordinamento mirato dei partecipanti in un’ottica di good governance.

Per molti casi di studio i benefici ecologici e paesaggistici sono altrettanto evidenti dei benefici intangibili quali il guadagno di immagine, la cultura della cooperazione o nuove reti socio-economiche. C’è però una sfida da vincere: il valore aggiunto concreto che può essere effettivamente ottenuto con i prodotti e i servizi legati al paesaggio rimane spesso poco chiaro a causa della mancanza di dati e il beneficio economico che una regione perde rinunciando alla valorizzazione del paesaggio può essere determinato solo indirettamente. È quindi necessario elaborare le opportune basi. «Anche se i benefici diretti del paesaggio per l’agricoltura e la silvicoltura, oppure per una regione e una questione specifica, possono di solito essere calcolati abbastanza precisamente, i servizi culturali e turistici forniti dal paesaggio sono difficili da quantificare globalmente», rilevano gli economisti della HES-SO di Ginevra in un metastudio3.

Non sussiste necessariamente una relazione diretta tra il valore ecologico di un paesaggio (p. es. come hotspot di biodiversità) e il suo valore economico. Un parco cittadino molto frequentato dai residenti può avere un valore economico superiore a quello di un’area naturale periferica. Per rilevare il valore di un paesaggio e le prestazioni che questo fornisce, gli economisti utilizzano metodi indiretti che permettono, per esempio, di valutare con l’ausilio dei valori immobiliari la vista lago o il panorama montano. Uno studio dell’UFAM4 del 2012 ha stimato il valore ricreativo dei boschi svizzeri a due-quattro miliardi di franchi svizzeri all’anno, mentre uno studio5 del Politecnico di Zurigo e dei Parchi Svizzeri ha stimato il valore aggiunto turistico del Parco paesaggistico di Binntal a 22 milioni di franchi svizzeri e quello del Parc Ela a 106 milioni di franchi svizzeri all’anno.

Gli elementi oggettivi per una valutazione economica del paesaggio sono tuttora insoddisfacenti. La misurabilità del valore aggiunto creato dal paesaggio sarebbe tuttavia un prerequisito importante per un approccio più mirato allo sviluppo regionale legato al paesaggio. L’esperto di turismo Jürg Schmid vede opportunità di crescita superiori alla media soprattutto nel turismo rispettoso della natura, che potrebbe essere sviluppato senza compromettere la qualità del paesaggio. «I parchi naturali regionali e i siti del Patrimonio mondiale presentano l’essenza della natura svizzera e della diversità regionale». Secondo l’esperto, mancano offerte attrattive orientate alle esigenze degli ospiti così come, in particolare, esperienze turistiche per i turisti con maggiore capacità di spesa, grazie alle quali è possibile trasformare in valore aggiunto il grande potenziale esistente (vedi anche Tavola rotonda virtuale «La bellezza del paesaggio è fondamentale per il turismo.»

Le potenzialità, gli strumenti e gli esempi di buona prassi per sfruttare e nel contempo promuovere l’alta qualità del paesaggio nelle regioni della Svizzera ci sono. Servono ora persone impegnate che abbiano buone idee e perseveranza, che sappiano riconoscere il potenziale esistente e ispirino altri attori ad impegnarsi a loro volta.

Quadro giuridico e strumenti di finanziamento

Legislazione rilevante per il paesaggio: Costituzione federale (Cost.), legge sulla pianificazione del territorio (LPT), legge federale sulla protezione della natura e del paesaggio (LPN), ordinanza sui parchi (OPar), legge sull’agricoltura (LAgr), legge sulle foreste (LFo), legge sulla protezione delle acque (LPAc), legge federale sui percorsi pedonali ed i sentieri (LPS), legge sulla caccia (LCP), legge sulla pesca (LFSP), legge sull’energia (LEne), legge sulle strade nazionali (LSN), legge sulle ferrovie (Lferr), Concezione Paesaggio svizzero, ecc.

Strumenti di finanziamento federali: Nuova politica regionale (NPR), politica federale in materia di parchi, accordi programmatici per la protezione della natura e del paesaggio, aiuti finanziari ai sensi dell’art. 13 LPN (vie di comunicazione e siti storici/conservazione di monumenti), progetti di sviluppo regionale (PSR), progetti di qualità del paesaggio (PQP), Progetti modello sviluppo sostenibile del territorio, promozione turistica (Innotour), Fondo svizzero per il paesaggio, ecc.

gantrisch.ch

valposchiavo.ch

grandtour.myswitzerland.com

regiosuisse.ch/npr

progettimodello.ch

ufam.admin.ch/parchi

parks.swiss 

blw.admin.ch/psr

regiosuisse.ch/aiuti-finanziari

Bibliografia e ulteriori informazioni

Altri articoli

La resilienza per far fronte alle crisi

Pirmin Schilliger

La priorità della Nuova politica regionale (NPR) è quella di rafforzare lo sviluppo economico delle regioni a lungo termine e aiutarle a far fronte al cambiamento strutturale. Non contempla quindi l’intervento in caso di crisi. La crisi provocata dal coronavirus offre comunque l’occasione di analizzare con spirito critico la strategia attuale. Le domande fondamentali da porsi sono: con quali misure e progetti le regioni possono prepararsi meglio agli shock futuri e, più in generale, ai cambiamenti profondi? Cosa possiamo imparare dagli altri Paesi? Una cosa sembra chiara: in futuro, nella politica regionale, dovranno confluire sistematicamente anche aspetti della resilienza. Ma cosa significa esattamente?

«Negli ultimi anni siamo riusciti a profilare saldamente la nostra regione come destinazione turistica sostenibile. Questo posizionamento – come pure la percentuale tradizionalmente alta di ospiti svizzeri – ci ha sicuramente aiutato durante la crisi», spiega Martina Schlapbach, operatrice dello sviluppo regionale della Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair. A contribuire a mitigare gli effetti della crisi sono stati anche vari progetti NPR che promuovono il turismo sostenibile. Considerazioni analoghe anche per quanto riguarda la gestione della crisi nell’Oberland bernese. Stefan Schweizer, direttore della Conferenza regionale Oberland Ost, è convinto che grazie alla NPR l’economia della regione abbia potuto reagire partendo da una base più ampia. Pensa ad esempio ai numerosi progetti NPR realizzati di recente che mirano a un turismo diversificato e versatile. Tuttavia, Schweizer si chiede fino a che punto ci si possa preparare ad una situazione eccezionale come quella della pandemia di coronavirus.

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Trarre le giuste conclusioni

Se la pandemia si fosse attenuata rapidamente in modo da permettere all’economia di riprendersi in tempi brevi, saremmo stati di fronte a un caso isolato, un evento eccezionale da non interpretare in modo forzato o eccessivo e dal quale non si sarebbero dovute trarre conclusioni errate. Ma con la seconda ondata pandemica, i segnali vanno in un’altra direzione: la politica, le imprese e la società sono tuttora impegnate a superare la crisi unendo le forze nell’intento di limitare il più possibile i danni in campo sanitario ed economico. Inoltre, è necessario analizzare rapidamente e in modo approfondito gli effetti di questo evento e trarne le giuste conclusioni. Nell’ambito della NPR bisogna chiedersi quali sono, all’interno del tessuto economico regionale, i principali punti deboli messi in luce dalla pandemia. Questo processo di analisi si impone in particolare nelle regioni che hanno sofferto più delle altre delle conseguenze della pandemia. Occorre esaminare in modo approfondito la loro vulnerabilità e la loro esposizione alle crisi. Ciò che interessa maggiormente gli attori che partecipano all’analisi è come una regione possa prepararsi meglio agli shock futuri e ai mutamenti profondi. I rischi e i pericoli connessi possono essere disinnescati o addirittura trasformati in opportunità già oggi?

Una soluzione potrebbe essere quella di orientare rigorosamente lo sviluppo regionale agli aspetti della resilienza. Ma cos’è la resilienza? Il termine resilienza deriva dal latino «resilire», che significa fare un salto all’indietro o rimbalzare. Il concetto indica la capacità di un sistema di ritornare al suo stato iniziale dopo essere stato sottoposto a una perturbazione. In psicologia il concetto è in uso da tempo: una persona è resiliente se è in grado di resistere alle avversità e agli shock e rimane psicologicamente stabile anche in situazioni di crisi.

Da circa vent’anni la resilienza è un tema che interessa anche l’economia e l’ecologia. Proprio come l’essere umano, un sistema complesso può mantenere stabili e intatte le sue strutture e funzionalità, anche in periodi di intensi mutamenti, grazie a un continuo adattamento. Non a caso il concetto torna sistematicamente alla ribalta in tempi di crisi (durante la crisi finanziaria del 2008, la crisi dell’euro nel 2015 e ora la crisi del coronavirus). I pionieri mondiali delle strategie di sviluppo territoriale orientate alla resilienza sono le cento grandi città che hanno aderito al programma internazionale «Global Resilient Cities Network» avviato dalla Fondazione Rockefeller nel 2011. L’obiettivo del programma è di rendere le città più resistenti agli eventi climatici estremi e allo stress legato ai cambiamenti climatici.

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Un modello e ulteriori approcci

Di recente, il concetto di resilienza è stato esteso dall’urbanistica allo sviluppo delle regioni rurali. In Austria, ad esempio, ÖAR Regionalberatung GmbH ha pubblicato nel 2010 uno studio dal titolo «Wie gehen Regionen mit Krisen um?» (Come le regioni affrontano le crisi?) su mandato della Cancelleria federale austriaca. I ricercatori austriaci sono giunti alla conclusione che in situazioni di emergenza nelle regioni resilienti si verifica uno dei tre scenari seguenti: le regioni reggono la crisi senza subire impatti negativi (1), reggono la crisi e riescono a compensare in breve tempo gli effetti negativi (2) oppure reggono la crisi e riescono addirittura a sovracompensare gli effetti negativi (3). Nel migliore dei casi, escono addirittura rafforzate dalla crisi. In questo senso, la resilienza è l’antidoto alla vulnerabilità. In situazioni di crisi una regione resiliente è in grado di attivare risorse di «autoguarigione» insospettate e trova rapidamente la risposta giusta alle minacce e alle sfide. I tre scenari si basano su indicatori sociali, ecologici ed economici chiaramente identificabili e misurabili, che includono l’evoluzione demografica, la soddisfazione di vita, la spesa per la cultura, la qualità ambientale, l’esposizione ai rischi, la creazione di valore, la diversificazione del tessuto imprenditoriale, la creazione di nuove aziende. Nella sua ricerca, ÖAR Regionalberatung GmbH ha sviluppato un modello globale di resilienza. Il percorso verso la resilienza implica processi consapevoli di gestione strategica, organizzazione e compensazione che combinano il principio fondamentale dello sviluppo sostenibile con la diversificazione economica e sociale, la formazione di base e continua, l’orientamento al futuro, l’innovazione e una sana cultura dell’errore.

Nel frattempo, oltre al modello ÖAR, sono stati sviluppati altri approcci che mostrano come la resilienza potrebbe essere raggiunta nelle aree rurali e periferiche. Gabi Troeger-Weiss, responsabile della cattedra di Sviluppo regionale del Politecnico di Kaiserslautern, si occupa principalmente di ricerca sui rischi riferiti al territorio. In particolare, studia come le tendenze demografiche, sociali, climatologiche ed economiche (ad es. la digitalizzazione) potrebbero influenzare la resilienza futura della regione. Nel 2019 l’associazione Ländliche Entwicklung del Land Baviera ha lanciato a Oberallgäu un progetto pilota che mira a identificare punti di partenza per integrare la resilienza nello sviluppo regionale. Dal canto suo, la Resilient Regions Association di Malmö (Svezia) ha adottato un approccio pragmatico creando una piattaforma politicamente neutrale che permette ai rappresentanti del mondo accademico, dell’economia, dei comuni, delle regioni e delle aziende di incontrarsi regolarmente per risolvere problemi e compiti regionali nell’ottica della resilienza.

Daniel Deimling e Dirk Raith, ricercatori dell’Università di Graz che si occupano di sviluppo regionale, hanno optato per un approccio più ampio in termini di contenuti e promuovono una visione alternativa della resilienza regionale, intesa come paradigma sostenibile dello sviluppo regionale. Questo tipo di resilienza non dovrebbe limitarsi all’adattamento alle crisi e agli shock esterni, ma dovrebbe piuttosto avere un effetto trasformativo e mirare a una «ri-regionalizzazione» e alla rilocalizzazione. Secondo questa visione, le regioni dovrebbero essere messe in condizione di reggere anche condizioni quadro completamente cambiate. Questo permetterebbe alle regioni periferiche di rompere il circolo vizioso dello spopolamento e della perdita di risorse vitali.

Vulnerabilità e resilienza
A partire dagli anni 1980, vulnerabilità e resilienza sono diventate una categoria concettuale fondamentale di varie discipline accademiche. Oltre che in geografia, questi due concetti sono entrati a far parte anche della gestione e pianificazione del territorio, soprattutto in relazione ai pericoli naturali e ai cambiamenti climatici. Il nucleo concettuale della teoria della vulnerabilità e della resilienza risiede in un duplice approccio strutturale: la vulnerabilità risulta dai rischi esterni a cui sono esposti un territorio o una regione e dall’assenza di resilienza, ovvero dalla mancanza di risorse per far fronte alle minacce. L’analisi della vulnerabilità e della resilienza territoriale e sociale si concentra quindi sull’interazione tra l’esposizione ai rischi e le possibilità di gestire le conseguenze di un evento critico senza subire gravi danni.

Wisner B., Blakie P., Cannon T.: At Risk. Natural hazards, people’s vulnerability and disasters. London, 2004.

Resilienza, il futuro dello sviluppo regionale e territoriale sostenibile

Anche se in Svizzera la resilienza è un tema che interessa da tempo soprattutto la ricerca, quest’aspetto è presente in filigrana anche nell’attuazione della NPR. «Molte misure della NPR puntano a ottenere un effetto stabilizzante e a lungo termine. La maggior parte dei progetti avviati finora contribuisce quantomeno indirettamente alla resilienza», spiega Johannes Heeb, responsabile di formation-regiosuisse, pur sottolineando l’assenza di un approccio sistematico. Ma le cose stanno cambiando. Anche per effetto della crisi legata alla pandemia di coronavirus, la resilienza troverà esplicitamente posto anche nella NPR. Quest’autunno formation-regiosuisse ha infatti affrontato concretamente il tema proponendo uno specifico modulo di formazione online. Il webinar ha permesso agli attori dello sviluppo regionale di familiarizzarsi con gli aspetti fondamentali della resilienza e di sviluppare approcci applicativi concreti. «Trasponiamo i concetti teorici alle pratiche delle regioni», spiega Heeb. Agilità, innovazione, cultura di squadra e di progetto e prevenzione sono utilizzati come elementi operativi nella gestione della resilienza. Heeb sottolinea che l’obiettivo è dotare le regioni degli strumenti e delle competenze per reagire ai cambiamenti e alle crisi con un effetto stabilizzante, utilizzandoli come stimoli per l’innovazione e lo sviluppo.

Rendere le regioni più resilienti richiede un processo a più livelli. Il «barometro della resilienza» sviluppato dall’Istituto Pestel di Hannover potrebbe aiutare le regioni ad adottare decisioni ragionate per raggiungere la resilienza. Lo strumento analizza e misura la vulnerabilità di una regione in base a 18 indicatori e permette di valutare in che misura una regione conserva la sua capacità di azione in caso di crisi. Mostra anche come questa capacità possa essere migliorata preventivamente grazie alla dotazione di risorse, al capitale sociale e alla flessibilità. Il barometro della resilienza, sviluppato principalmente per le regioni dell’UE, potrebbe essere adattato alla realtà svizzera e diventare uno strumento prezioso anche per le regioni interessate dalla NPR.

Come si può rendere più resiliente una regione?
La resilienza, intesa come strumento di prevenzione, mira a ridurre la vulnerabilità e/o l’esposizione alle crisi di una regione e la concentrazione dei rischi. In quest’ottica sono rilevanti le seguenti strategie:

  • diversificazione dell’economia anziché monostruttura – presenza di vari settori e rami economici, aziende di diverse dimensioni, relazioni commerciali, lavorative e abitative diversificate;
  • risorse umane e capitale sociale – alto livello di istruzione con una forza lavoro qualificata e duttile, struttura demografica e piramide dell’età equilibrate;
  • governance regionale efficiente e attiva con strategie per il futuro basate sui punti di forza regionali;
  • orientamento al futuro e identificazione tempestiva degli sviluppi a lungo termine (obiettivo al quale mira la NPR attraverso le strategie regionali di sviluppo, cfr. regioS 17);
  • disponibilità al cambiamento, flessibilità, agilità, capacità di innovazione, multidisciplinarietà;
  • capacità di imparare e di cooperare, reti di comunicazione dense, feedback rapidi, curiosità e apertura.

In definitiva, la resilienza non è uno stato ma un processo che, con l’aiuto di una metodologia specifica, promuove lo sviluppo sostenibile di una regione e la aiuta a gestire meglio le crisi.

Progetti modello nell’Alto Vallese

A svolgere un ruolo da pioniere in Svizzera è la società di consulenza EBP che, in collaborazione con l’agenzia di sviluppo regionale RWO (Regions- und Wirtschaftszentrum Oberwallis AG), ha sviluppato uno strumento di analisi della resilienza basato in parte sugli studi e i lavori condotti a livello internazionale menzionati (Fondazione Rockefeller, Pestel-Institut, Bundesanstalt für Strassenwesen ecc.). Questo strumento viene ora testato per la prima volta nelle regioni di montagna (nel comune di Mörel-Filet e nella Lötschental) nell’ambito del progetto modello «Regioni di montagna resilienti: sfruttare i punti di forza della regione dell’Alto Vallese». «Il tool si basa su un questionario con 10 aree tematiche, 21 sottotemi e 80 indicatori che esaminiamo in modo approfondito non solo sulla base di cifre e statistiche, ma anche ponendo domande qualitative agli attori locali», spiega il responsabile del progetto Christian Willi. L’obiettivo del progetto modello è integrare i risultati dell’analisi della resilienza in una strategia di sviluppo regionale per i comuni di montagna dell’Alto Vallese che comprenda anche un catalogo concreto di misure. La responsabilità dell’analisi è affidata alla società EBP. L’attuazione delle misure nell’ambito della strategia di sviluppo compete principalmente all’agenzia di sviluppo regionale RWO in collaborazione con altri attori regionali. Lo strumento figura tra i progetti modello «Sviluppo sostenibile del territorio 2020-2023» sostenuti dalla Confederazione. Secondo Christian Willi, le conoscenze acquisite tramite questo progetto pilota possono servire a creare una cultura della resilienza anche in altre regioni, in modo che la consapevolezza della resilienza venga sistematicamente integrata in tutte le strategie regionali di sviluppo come pure nelle misure e nei progetti corrispondenti.

© regiosuisse

Approccio bottom-up partendo dalle regioni

Anche se la pandemia ha evidenziato impietosamente la vulnerabilità delle regioni, si tratta solo di uno dei tanti possibili scenari di crisi e di minaccia. Proprio per questa ragione la questione della minimizzazione dei rischi e della prevenzione è urgente e pressante. Martina Schlapbach, della Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair, è convinta che in linea di principio ogni regione strutturalmente debole possa essere resa più resiliente. Sostiene tuttavia che in sede di implementazione servono soluzioni adattate alla realtà regionale. «Bisogna tener presente che la debolezza strutturale è percepita e definita in modo molto diverso all’interno di una regione e al suo esterno. La resilienza deve quindi corrispondere precisamente ai bisogni della popolazione.» Sempre secondo Martina Schlapbach l’attuale strategia di sviluppo ha dimostrato tutta la sua validità durante la crisi del coronavirus, confermando la necessità di intensificare gli sforzi sulla strada intrapresa. Questo significa che la Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair intende concentrarsi maggiormente sul turismo sostenibile. Il potenziamento delle infrastrutture digitali e delle piattaforme di scambio virtuale consentirà inoltre di migliorare ulteriormente le condizioni quadro per la flessibilizzazione dei modelli di vita, abitativi e di lavoro. «Vogliamo anche esplorare e sperimentare nuove soluzioni partendo dai bisogni delle aziende e della popolazione», dice Schlapbach.

Stefan Schweizer è del parere che lavorare per rafforzare la capacità di azione di una regione in situazioni di crisi sia sempre opportuno, anche se nutre qualche dubbio in merito al rapporto costi-benefici. «Ogni regione deve giudicare autonomamente se e in che misura la resilienza debba essere oggetto di una strategia e implementata a livello operativo.»

Dossier tematico regiosuisse «La resilienza nello sviluppo regionale»
Come possono le regioni essere meglio preparate ad assorbire eventuali shock futuri ed uscirne rafforzate? Questo dossier presenta il tema della resilienza e propone possibili approcci concreti a livello regionale: regiosuisse.ch/resilienza

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Bibliografia

Resiliente Regionen. Zur Intelligenz regionaler Handlungssysteme. In: «Multidisziplinäre Perspektiven der Resilienzforschung», pag. 295–332. Robert Lukesch. Springer Fachmedien, Wiesbaden, 2016.

Regionale Resilienz. Zukunftsfähig Wohlstand schaffen. Dirk Raith, Daniel Deimling, Bernhard Ungericht, Eleonora Wenzel. Metropolis Verlag, 2017.

Wie gehen Regionen mit Krisen um? Eine explorative Studie über die Resilienz von Regionen. Robert Lukesch, Harald Payer, Waltraud Winkler-Rieder. Wien, 2010.

La résilience, un outil pour les territoires ? Clara Villar (Cerema) e Michel David (MEDDE/CGDD). IT-GO Rosko, 2014.

La résilience en trois actes: résistance, reset et relance.  Xavier Comtesse, Mathias Baitan.

Resilienza tra territorio e comunità, Approcci, strategie, temi e casi, Fondaziona cariplo, 21, 2015.

La resilienza territoriale: un concetto polisemico per lo sviluppo delle scienze regionali». Paolo Rizzi. Scienze Regionali, 1/2020.  

Resilienza e vulnerabilità nelle regioni europee. Paola Graziano und Paolo Rizzi. Scienze Regionali, 1/2020.

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