Meno è di più

Jana Avanzini

L’idea dell’Ecoparc de Daval è nata a Sierre una ventina di anni fa. Di cosa si tratta? Di una zona industriale grande come 30 campi di calcio che vuole sfruttare le opportunità offerte dall’economia circolare per svilupparsi in modo sostenibile. Per ora il sito conta solo una dozzina di aziende, non certo per mancanza di interesse, ma per i criteri molto severi che si devono soddisfare per entrare a far parte di questa comunità: condizioni di lavoro eque e sostenibili, capacità di guardare oltre il proprio orticello e volontà di cercare sinergie con i vicini. A proposito di orto, un criterio prevede che si coltivi una zona verde sulla propria particella.

L’uso dell’energia solare è vivamente raccomandato. E per incrementare l’efficienza a lungo termine, i rifiuti devono essere una fonte di energia per le altre aziende. Le aziende presenti nell’Ecoparc de Daval beneficiano di un sistema di gestione dei rifiuti, di un servizio postale e di una consulenza per i propri stabili.

Sebastian Barbey, Aqua4D © regiosuisse

Possono condividere sistemi di logistica e sicurezza, mense e asili nido. Certo è che il prefisso «eco» di Ecoparc non sta solo per «ecologico», ma anche per «economico». L’Eldorado, infatti, non arriva per grazia ricevuta, ma è il risultato di un lungo percorso e di un intenso lavoro di coordinamento. Contattare le aziende vicine, fare conoscenza e discutere di sinergie richiede tempo, un investimento che molte aziende non osano fare, a causa di una prospettiva di breve termine, ma che viene più che ripagato a lungo termine. Ne sono convinti l’esperto Benoît Charrière, responsabile Comunità delle conoscenze di regiosuisse e Stéphane Revey, responsabile della promozione economica a Sierre.

sierre.ch/fr/ecoparc-daval-2042.html

La versione integrale in tedesco.

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VADEME, ridare vita ai rifiuti minerali

Nathalie Jollien

Il materiale di scavo proveniente da grandi cantieri potrebbe essere trasformato in terra fertile ad alto valore ambientale. Il progetto franco-svizzero vademe valuta se e come si potrebbe creare una filiera per il riciclaggio di questi materiali, oggi considerati rifiuti, nella regione di Ginevra e Annecy.

© regiosuisse

Nel Cantone di Ginevra il settore edile produce ogni anno milioni di tonnellate di inerti minerali. Si tratta di rifiuti di demolizione come cocci di mattoni e altri laterizi, ma anche di rifiuti risultanti da attività di scavo o terrazzamento. Durante questi lavori si presta grande attenzione a preservare il suolo fertile, ossia lo strato biologicamente attivo del terreno il cui spessore varia da alcuni centimetri nelle zone urbane a poco più di un metro in quelle forestali. Il sottosuolo non fertile al disotto di questo strato, invece, è spesso considerato materiale di rifiuto e destinato alla discarica. «In generale questi rifiuti sono presi in consegna da cave che interrano i materiali non riciclabili. Le imprese edili ginevrine sono spesso costrette a trasportarli fuori dal Cantone, percorrendo a volte lunghe distanze, il che causa un forte inquinamento atmosferico e acustico», rileva Sébastien Kicka, capoprogetto Innovazione presso l’Ufficio di promozione dell’industria e della tecnologia del Cantone di Ginevra. Poiché il Cantone non dispone di sufficienti capacità di discarica, questi rifiuti vengono esportati in gran parte nella vicina Francia.

Lanciato nel dicembre 2020, il progetto vademe («Valorisation agronomique des déchets minéraux») si propone di affrontare questa problematica nell’ambito di una cooperazione transfrontaliera. Vi partecipano nove partner pubblici e privati provenienti sia dalla Francia che dalla Svizzera, le cui competenze si completano a vicenda. L’obiettivo è di coinvolgere le reti degli attori interessati per potenziare e strutturare le collaborazioni e accrescere la parte riciclata di questi rifiuti, sperimentando tra l’altro soluzioni innovative per trasformarli in terra fertile. A lungo termine il progetto dovrebbe favorire la nascita di un’economia circolare per i materiali di scavo.

© regiosuisse

Ricreare meccanismi naturali

La società Edaphos, uno dei partner del progetto, ha sviluppato competenze nel riciclaggio dei rifiuti minerali con un procedimento di ingegneria pedologica che permetterebbe di creare terra vegetale fertile. «Aggiungiamo a minerali sterili ammendanti organici e microbici. L’associazione di questi tre elementi permette di ricreare dinamiche e meccanismi naturali che rendono il suolo fertile. Nella natura lo stesso processo richiederebbe un secolo per un solo centimetro di suolo fertile.

Questo metodo innovativo viene testato per la prima volta su scala industriale nel quadro del progetto vademe: durante i lavori di rinaturazione del fiume Aire a Ginevra (nel tratto tra il villaggio di Certoux e la frontiera francese), entro la fine del 2022, verranno trattate direttamente sul posto 10 000 tonnellate di materiale. Un secondo cantiere di sperimentazione è in corso con la società Chavaz specializzata nel trasporto e nella fornitura di materiali da cava. «In una delle sue sedi, la società dispone di un impianto di trattamento dei rifiuti. Dopo la fase di smistamento e separazione, sottoponiamo il materiale di scavo proveniente da differenti cantieri al nostro processo», spiega Mathieu Pillet. Da notare che la produzione di terra fertile è possibile soltanto se le qualità fisiche, chimiche e biologiche dei materiali di scavo e degli ammendanti organici (tessitura adeguata, tenore di elementi nutritivi, buon equilibrio tra le comunità di organismi del suolo, assenza di inquinamento ad es. da microplastiche ecc.) sono sufficienti e comprovate.

© regiosuisse

Il progetto vademe analizza anche la fattibilità e la sostenibilità economica del processo appena descritto. La terra fertile ricavata potrebbe essere venduta a paesaggisti o privati, essenzialmente per la sistemazione di giardini, visto che non si presterebbe per un uso agricolo. Nell’ambito del progetto vengono peraltro condotte riflessioni sulla possibilità di far evolvere gli standard di qualità svizzeri. «Il quadro normativo è molto impreciso», rileva Mathieu Pillet. Il progetto vademe fornirà spunti per compiere passi avanti in questo ambito. Verrà in particolare effettuato un confronto con la norma francese NF U 44-551, il cui marchio molto diffuso sui terricci in vendita in Francia è garante di qualità per i consumatori.

Ricadute economiche e ambientali

Oggi, a causa di limitazioni di ordine tecnico e giuridico, non è possibile produrre artificialmente suoli agricoli. Se gli esperimenti in corso daranno i risultati sperati, la trasformazione del materiale di scavo in terra fertile porterà numerosi vantaggi sia economici che ambientali alla regione di Ginevra e Annecy. L’interesse economico ci sarà se l’offerta troverà una domanda adeguata: anziché pagare terzi per disfarsi di «rifiuti», si potrà trasformare il materiale di scavo e commercializzare il prodotto così ottenuto creando valore aggiunto per gli operatori del mercato. «Con il nostro progetto vogliamo sostenere anche l’economia locale», sottolinea Sébastien Kicka. «Seguiamo le attività della start-up Edaphos ormai da alcuni anni e incoraggiamo la creazione di sinergie con aziende della regione».

A fronte del depauperamento dei suoli su scala mondiale, la possibilità di produrre terra fertile comporterebbe indubbi vantaggi. «La terra fertile scarseggia e non è una materia prima che l’uomo può rinnovare. Il processo naturale di creazione di suolo fertile è estremamente lento», ricorda Mathieu Pillet. «Il suolo è inoltre molto prezioso dal punto di vista ambientale, visto che a livello globale immagazzina una grandissima quantità di CO2, quattro volte superiore a quella assorbita dalla vegetazione». Questa possibilità consentirebbe inoltre di evitare i trasporti transfrontalieri di rifiuti minerali con veicoli pesanti su distanze talvolta importanti tra la Svizzera e la Francia, con tutto l’inquinamento che ne deriva.

Léa Carlesso et Georges Descombes © regiosuisse

Infine, se questa nuova forma di riciclaggio dovesse rivelarsi valida, potrebbe sostituire un metodo di riciclaggio dei rifiuti minerali attualmente applicato in Francia nelle zone agricole, che consiste nel rimuovere lo strato superficiale di terra fertile, distribuire uno strato di rifiuti minerali e ricoprirlo con lo strato precedentemente asportato. Se non viene realizzata a regola d’arte, l’operazione può causare gravi problemi legati al deflusso delle acque o compromettere la capacità di esplorazione radicale delle piante. Vietato nelle zone agricole in Svizzera, questo metodo non è sufficientemente monitorato e controllato dalle pubbliche amministrazioni francesi.

Le conclusioni del progetto vademe saranno disponibili entro la fine del 2022.

Cooperazione transfrontaliera
VADEME è un progetto Interreg Francia-Svizzera. Ha una durata di due anni (da gennaio 2021 a dicembre 2022) e riunisce partner francesi e svizzeri. Il budget di 820 000 franchi comprende fondi europei di sviluppo regionale (FESR), fondi federali (NPR) e fondi cantonali. I due capifila del progetto sono il Consiglio dell’architettura, dell’urbanismo e dell’ambiente dell’Alta Savoia (CAUE 74) per la parte francese e l’Ufficio ginevrino di promozione dell’industria e della tecnologia (OPI) per la parte svizzera.

interreg-vademe.caue74.fr/le-projet-vademe

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Verso appalti pubblici circolari

Pirmin Schilliger

Il Centro di competenza per gli appalti pubblici circolari è stato creato nella primavera del 2020 e da aprile 2022 opera in qualità di organizzazione autonoma con il nome di Prozirkula. In particolare promuove e sostiene la transizione dell’economia verso modelli di produzione e di consumo circolari e provvede affinché i criteri dell’economia circolare vengano considerati già nei bandi di gara.

I servizi di Prozirkula includono tra l’altro la consulenza, la competenza, l’informazione, la formazione continua, il trasferimento di conoscenze e la messa in rete e sono destinati sia alle aziende pubbliche che a quelle private. La direttrice del centro Antonia Stalder spiega che, con un volume di acquisti complessivo di circa 40 miliardi di franchi, il settore pubblico è il principale attore sul mercato degli appalti e, di conseguenza, può dare la necessaria accelerazione alla transizione verso l’economia circolare.

Prozirkula © regiosuisse

Con la revisione del 2021, la legge federale sugli appalti pubblici (LAPub) obbliga i decisori a tenere maggiormente conto dei criteri di sostenibilità, in particolare di quelli dell’economia circolare. Due anni fa, subito dopo la sua creazione, Prozirkula ha lanciato un progetto pilota che ha spianato la strada a molte altre iniziative. Nel 2021, grazie alle linee guida per il riutilizzo di mobili, l’Ufficio dell’ambiente e dell’energia (AUE) di Basilea Città ha per esempio riutilizzato i vecchi mobili nel nuovo edificio inaugurato in centro. L’edificio stesso è una costruzione ibrida in cemento e legno con una facciata fotovoltaica conforme agli standard Minergie-A Eco e rispecchia ampiamente i principi dell’economia circolare. Prozirkula ha aiutato inoltre le Aziende industriali di Basilea (IWB) a integrare questi principi anche nella gara di appalto per la realizzazione di colonnine di ricarica elettrica.

prozirkula.ch

La versione integrale in francese.

La versione integrale in tedesco.

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Editoriale

Benoît Charrière

Secondo i dati dell’ONU, nel 2021 e per l’undicesimo anno di fila la Svizzera si riconferma leader mondiale dell’innovazione. Il nostro Paese resta ai vertici delle classifiche anche nel settore del riciclaggio, con un tasso di riciclo esemplare pari al 53%, sebbene i Paesi europei stiano recuperando terreno. Tuttavia, ogni svizzero genera 2,7 tonnellate di rifiuti all’anno, di cui oltre 700 chilogrammi di rifiuti urbani, il che pone la Svizzera in una posizione di inglorioso primato in termini di produzione di rifiuti pro capite nel confronto globale.

Per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica fissati per il 2050, è fondamentale ripensare le modalità e i livelli di consumo delle risorse. L’economia circolare favorisce questo cambiamento di paradigma, a prescindere che si tratti di un prodotto, un’azienda, una catena di valore o un territorio. E mentre la Svizzera adegua le sue normative allo scopo di promuovere un uso più efficiente delle risorse, si assiste al proliferare di iniziative e progetti locali di valore.

Tutto si giocherà a livello di implementazione. Come si può accelerare questa trasformazione necessaria dell’economia e che ruolo possono assumere i comuni, le regioni o i Cantoni? Diversi settori pubblici potrebbero essere progettati secondo le regole dell’economia circolare. La NPR offre un’opportunità effettiva di accompagnare la transizione. Questo numero di regioS traccia i contorni di una riflessione di fondo sull’economia circolare e presenta alcuni esempi concreti.

Il toolbox dedicato all’economia circolare, sviluppato da regiosuisse, si propone di sostenere gli attori pubblici in questo senso. Su tale base, regiosuisse lancia nel 2022 il RegioLab economia circolare per permettere alle regioni di individuare i progetti più promettenti.
E allora… pronti, partenza, circolate!

Benoît Charrière

Esempi di economia circolare in Svizzera e nel Liechtenstein

Nell’ambito del programma di ricerca europeo espon, il progetto «circter» ha individuato le condizioni territoriali che favoriscono l’affermazione dell’economia circolare. Stando allo studi di caso condotto sulla Svizzera e sul Liechtenstein e pubblicato nel settembre 2021, i principali punti di forza regionali di entrambi i Paesi per la transizione verso l’economia circolare sono le piattaforme e le reti ben consolidate che agevolano lo scambio di esperienze e la diffusione delle innovazioni. Costituiscono altri punti di forza i sistemi di restituzione all’avanguardia, le industrie e i metodi di produzione innovativi sostenuti da istituti di formazione e ricerca, un contesto finanziario e imprenditoriale favorevole, l’ubicazione in punti nevralgici della rete di trasporto o lungo corridoi importanti per l’Europa e infine la forte sensibilizzazione della popolazione e la comunicazione istituzionale sulle questioni ambientali e di sostenibilità.


regiosuisse.ch/it/circter
regiosuisse.ch/it/policybriefcirculareconomy

Economia circolare, un’opportunità anche per le regioni

Pirmin Schilliger & Urs Steiger
L’economia circolare figura da decenni nell’agenda per la transizione ecologica. Negli anni è divenuta un modello integrato e maturo che punta a rendere sostenibili le attività economiche. Ora si tratta di applicarlo all’economia nel suo insieme, e quindi anche allo sviluppo regionale, integrandolo per esempio nella Nuova politica regionale (NPR).
La start-up Basis 57 nachaltige Wassernutzung SA con sede a Erstfeld (UR) utilizza l’acqua calda e pulita della galleria di base del San Gottardo per la pescicoltura (lucioperca). © regiosuisse

© regiosuisse

Nell’economia globale il 90 per cento dei materiali proviene da materie prime di nuova estrazione e, tra queste, il 40 per cento è costituito da fonti energetiche fossili. Da questi semplici dati emerge in tutta la sua evidenza la necessità di adottare un modello economico che utilizzi le risorse con parsimonia. Il concetto di economia circolare offre un approccio basato su un sistema di energie rinnovabili e cicli dei materiali chiusi. Le sostanze inquinanti e nocive per la salute andrebbero inoltre sostituite con sostanze non pericolose.  

Il principio dell’economia circolare

Il concetto di economia circolare è stato introdotto agli inizi degli anni 1990 dall’economista britannico David W. Pearce a partire dai principi dell’ecologia industriale. Successivamente, Michael Braungart, chimico tedesco e professore di ingegneria di processo, e l’architetto americano William McDonough hanno sviluppato ulteriormente quest’approccio tra la fine degli anni 1990 e l’inizio degli anni 2000. Nel loro libro «Cradle to Cradle. Remaking the Way We Make Things»1 auspicano l’adozione di un sistema di produzione profondamente nuovo nel quale i materiali non vengono più conferiti in discarica o inceneriti e le sostanze non biodegradabili sono riutilizzate per produrre nuovi oggetti.

In base al principio «cradle-to-cradle» (C2C, letteralmente «dalla culla alla culla») l’economia circolare distingue tre categorie di sostanze:

➊ i beni di consumo – come detergenti, shampoo o materiali di imballaggio – devono essere sistematicamente prodotti con sostanze biologiche in modo da essere compostabili e degradarsi nell’ambiente senza lasciare alcuna traccia inquinante;

➋ i beni durevoli – come auto, lavatrici o televisori – costituiti da componenti e materiali «tecnici» vanno progettati in modo tale che alla fine del loro ciclo di vita possano essere completamente scomposti in elementi riutilizzabili; in tal modo i materiali sono ripetutamente reimmessi nel sistema di produzione industriale;

➌ sostanze considerate rifiuti che vengono inceneriti o conferiti in discarica: nell’economia circolare questa categoria di sostanze non esiste praticamente più.

Michael Braungart, uno degli ispiratori dell’economia circolare, sottolinea che questa non punta semplicemente a ridurre o minimizzare i rifiuti, quanto piuttosto a evitarne la produzione. Nel caso in cui i materiali impiegati per i beni durevoli non possano (ancora) essere sostituiti da materiali riciclabili, bisogna almeno ridurre il consumo di risorse e prolungare la durata di vita dei prodotti.


L’economia circolare rappresenta un approccio integrato che prende in considerazione l’intero ciclo di produzione, dall’estrazione delle materie prime al riciclaggio, passando per le fasi di concezione, produzione, distribuzione e utilizzazione, con quest’ultima che dovrebbe essere quanto più lunga possibile. Se si riesce a chiudere il ciclo dei materiali e dei prodotti, le materie prime possono continuare a essere riutilizzate. © UFAM/regiosuisse

Un progetto interdisciplinare globale

L’eliminazione graduale dei combustibili fossili è un presupposto imprescindibile per realizzare un’economia circolare. Se politicamente la Svizzera è sulla buona strada nella promozione della transizione energetica, l’inclusione di tutti i flussi di materiali in un ciclo rappresenta un’enorme sfida. Affinché la trasformazione abbia successo, è necessario fare ulteriori passi avanti, anche a livello politico. Secondo Braungart, fintanto che i contribuenti saranno disposti a pagare per lo smaltimento dei rifiuti in costosi impianti di incenerimento, non vi è alcuna ragione che spinga i produttori ad applicare volontariamente il principio C2C (dalla culla alla culla).

La trasformazione dell’economia lineare in economia circolare è un progetto globale interdisciplinare che deve coinvolgere tutti gli attori e tutte le fasi del ciclo di vita dei prodotti, dall’estrazione delle materie prime allo sviluppo e al design dei prodotti, passando per la produzione, la distribuzione/logistica, il consumo e la gestione dei rifiuti. Quest’ultima permette di evitare di smaltire i materiali, reimmettendoli nel ciclo produttivo come materie prime secondarie. L’economia circolare concerne però anche le modalità di fruizione dei prodotti e quindi anche i modelli di business. Gli imperativi sono noleggiare (anziché acquistare), condividere (anziché possedere), riparare/ricondizionare/rinnovare (anziché gettare). Con le loro abitudini e i loro comportamenti, i consumatori e le consumatrici possono contribuire in misura determinante al cambio di paradigma.

Successo economico grazie alla circolarità

Nell’ambito della produzione, la circolarità chiama in causa soprattutto le aziende. Con prodotti come sedie, scarpe da ginnastica o moquette, diverse aziende pioniere hanno già dimostrato che i modelli di business circolari possono rivelarsi redditizi. La Forster Rohner di San Gallo, per esempio, ha sviluppato imbottiture rivestite compostabili per sedie d’ufficio e sedili degli aerei. Solo poche aziende sono però in grado di soddisfare le rigorose esigenze del label «C2C». Uno degli esempi è rappresentato dalla Vögeli Druck di Langnau, la prima tipografia al mondo ad aver ottenuto, nel 2016, la certificazione C2C Gold.

Nell’industria metallurgica e meccanica, la transizione verso l’economia circolare passa generalmente da un percorso di ottimizzazione articolato in più fasi. Grazie ai miglioramenti apportati ai processi, per produrre i lavelli da cucina oggi la ditta Franke consuma tre quarti di energia in meno e solo la metà dell’acciaio inossidabile rispetto ad alcuni anni fa. Nell’industria è ormai prassi corrente riciclare molti metalli, in particolare il platino, l’oro e il palladio, semplicemente perché sono troppo preziosi per finire tra i rifiuti. Inoltre, molti metalli possono essere facilmente rilavorati per poi essere utilizzati in un successivo ciclo di produzione senza perdite di qualità. Ogni anno, in Svizzera, circa 1,6 milioni di tonnellate di rottami di ferro e acciaio vengono trasformati in acciaio da costruzione e acciaio inossidabile e 3,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani raccolti in modo differenziato sono rimessi in circolo. Nell’edilizia e nell’ingegneria civile, quasi 12 milioni di tonnellate di materiali di demolizione come cemento, ghiaia, sabbia, asfalto e muratura – ovvero i due terzi del totale – vengono riciclati. Secondo David Hiltbrunner della sezione Cicli delle materie prime dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), 5 milioni di tonnellate di materiali da demolizione e 2,8 milioni di tonnellate di rifiuti urbani sfuggono (ancora) ogni anno al riciclo.

Le fibre tessili, le plastiche e i materiali compositi, i rottami elettronici, le sostanze chimiche e alcuni rifiuti biogenici restano complessi da gestire in un’ottica di economia circolare. Si tratta infatti di materiali che possono essere scomposti e riciclati solo con un enorme dispendio. Tuttavia, il numero di aziende che sviluppano modelli di business innovativi basati sui principi dell’economia circolare sta crescendo anche nei settori più difficili. Alcuni esempi: la ditta Mobili Pfister propone dal 2018 una collezione di tende con la certificazione C2C Gold, la start-up TRS (Tyre Recycling Solutions) con sede a Yvonand (VD) rigenera o ricicla vecchi pneumatici e la Bauwerk di St. Margrethen (SG) ricondiziona vecchi pavimenti in parquet.

© regiosuisse

Verso l’abbandono della società dell’usa e getta

Per rendere riciclabili anche i beni di consumo più complessi, come lavatrici, computer o automobili, occorre però creare condizioni quadro adeguate. La direttiva UE sulla progettazione ecocompatibile (direttiva Eco-Design) e la direttiva quadro (sempre dell’UE) sui rifiuti, per esempio, esigono esplicitamente la promozione di modelli di produzione e consumo sostenibili, in particolare una progettazione orientata alla durabilità, la riparabilità degli apparecchi elettrici, misure contro lo spreco alimentare e campagne di informazione per la popolazione. In alcuni Paesi europei l’attuazione è già molto avanzata. Da dieci anni i Paesi Bassi privilegiano la circolarità nelle procedure di appalto pubbliche e acquistano beni e servizi che soddisfano il principio C2C per un valore di diverse decine di miliardi di euro. Con il Piano d’azione per l’economia circolare adottato nel 2020, l’UE ha ulteriormente intensificato i propri sforzi. Attualmente si sta discutendo di estendere la direttiva Eco-Design a tutti i beni di consumo: l’Europa vuole abbandonare definitivamente il modello di economia lineare fondato sull’usa e getta. Le direttive europee si applicano anche a tutti i produttori svizzeri che vogliono esportare prodotti nei Paesi dell’UE.

Non è un caso che la progettazione ecocompatibile sia al primo posto nel piano d’azione dell’UE: fino all’80 per cento dell’impatto ambientale dei prodotti è determinato nella fase di progettazione, così come la loro durata di vita e la loro riparabilità. Inoltre, vale la regola ecologica della sufficienza, secondo cui bisogna prolungare la vita utile degli oggetti il più a lungo possibile prima di riciclarli. Un uso parsimonioso delle risorse limitato allo stretto necessario evita il funzionamento a vuoto e ulteriori costi successivi. Secondo Hiltbrunner, tutte le strategie che vanno nel senso di un utilizzo delle sostanze e dei materiali più economico, efficiente e duraturo contribuiscono all’economia circolare.

L’agenda svizzera

Anche in Svizzera l’economia circolare rappresenta una delle priorità dell’agenda politica. La ragione è semplice: in nessun altro Paese la quantità di rifiuti urbani prodotta pro capite è così elevata, e questo nonostante l’alto tasso di riciclo.

Attualmente gli interventi depositati in Parlamento che concernono l’economia circolare sono almeno otto. Il più importante è l’iniziativa parlamentare 20.433 «Rafforzare l’economia circolare svizzera» con il relativo rapporto della Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia del Consiglio nazionale dell’11 ottobre 2021. Questa primavera il Consiglio federale ha fatto il punto della situazione e intravede un enorme potenziale per l’economia circolare nei settori delle costruzioni e delle abitazioni, dell’agricoltura e dell’industria alimentare, della mobilità, dell’ingegneria meccanica e dell’industria chimica. L’Amministrazione federale ha identificato una serie di prescrizioni e norme che ostacolano l’economia circolare e sta valutando in che modo eliminare gli ostacoli. Appare chiaro che gli aspetti dell’economia circolare, approccio che presuppone un uso parsimonioso delle risorse, dovranno essere integrati nelle politiche settoriali della Confederazione. Il Consiglio federale ritiene che la strada migliore sia un coordinamento con la Strategia per uno sviluppo sostenibile 2030 della Confederazione e con le strategie nazionali di lungo periodo in materia di clima, economia e agricoltura.

© regiosuisse

Evoluzione della NPR

Finora la promozione dell’economia circolare non è stata una priorità esplicita della NPR, ma ne diventerà parte integrante a partire dal prossimo periodo di programmazione. È quanto auspica anche Romed Aschwanden, direttore del Centro di studi «Culture delle Alpi» dell’Università di Lucerna con sede a Altdorf, secondo cui la NPR dovrebbe orientarsi in modo radicale al principio della sostenibilità. A detta di Aschwanden, presto il problema principale nelle regioni periferiche non saranno tanto le disparità salariali quanto i cambiamenti climatici. Gli uffici competenti, primo fra tutti la SECO, e i servizi cantonali responsabili della NPR hanno già avviato i necessari lavori preparatori. Il quadro di riferimento è rappresentato dai diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite che sono parte integrante dell’Agenda 2030, un programma d’azione globale su cui poggia anche la Strategia per uno sviluppo sostenibile 2030 adottata dal Consiglio federale. La Direzione per la promozione della piazza economica della SECO potrà partire da questa base per integrare le idee e gli obiettivi dello sviluppo sostenibile nella NPR. Secondo Ueli Ramseier, che per conto della SECO coordina i lavori per l’integrazione della dimensione della sostenibilità nella NPR, l’economia circolare svolgerà un ruolo importante per l’ambito tematico prioritario «consumo e produzione sostenibili». Inoltre, da anni la NPR promuove le energie rinnovabili e la progettazione di insediamenti sostenibili e resilienti nell’ambito del tema prioritario «clima, energia e biodiversità».  

L’allineamento della NPR con gli obiettivi di sviluppo sostenibile va inteso come un’evoluzione e un completamento della NPR piuttosto che come un cambiamento di sistema. Nel periodo di programmazione 2024-2027, i contributi agli aspetti sociali ed ecologici dello sviluppo sostenibile saranno ampliati e avranno un peso maggiore. La NPR continuerà a focalizzarsi sull’economia regionale, ma i servizi cantonali responsabili e la SECO saranno chiamati a cofinanziare un numero maggiore di progetti NPR incentrati sull’economia circolare. Ueli Ramseier conferma comunque che la NPR manterrà i propri obiettivi generali, ossia rafforzare la competitività delle regioni, creare posti di lavoro, mantenere l’occupazione decentrata del territorio ed eliminare le disparità regionali.

Sfruttare i punti di forza della politica regionale

Anche se a prima vista non si direbbe, le regioni svolgono un ruolo importante nella promozione dell’economia circolare. Lo scorso anno regiosuisse ha deciso di cogliere la sfida. Lorenz Kurtz, capoprogetto, spiega che regiosuisse intende costruire un know-how in questo campo, diffondere le conoscenze necessarie e sviluppare ausili concreti per le regioni. Nell’ambito della comunità delle conoscenze «Economia circolare e sviluppo regionale», regiosuisse ha messo a punto un toolbox nel quale sono raccolte le conoscenze acquisite con esempi di buona prassi, ausili pratici e possibili approcci. Per favorire l’implementazione di questo tema complesso nelle regioni, nel marzo 2022 regiosuisse ha organizzato un workshop online (RegioLab Economia circolare) su come integrare l’economia circolare a livello strategico.

Si schiudono quindi opportunità concrete per le regioni che si focalizzano già su temi e ambiti strutturati a livello regionale piuttosto che globale – agricoltura e silvicoltura, produzione alimentare, lavorazione del legno, energie rinnovabili, infrastrutture, servizi regionali e quindi anche turismo. Un’analisi sistematica dei flussi di materiali e delle catene di produzione in questi settori mostra che il potenziale regionale per l’economia circolare è enorme. Oltre alla formazione e al trasferimento di conoscenze, per promuovere l’economia circolare occorrono ulteriori incentivi finanziari. Servono fondi non solo per i progetti in sé, ma anche per il loro accompagnamento professionale e per l’elaborazione di strategie regionali di sviluppo dell’economia circolare. Secondo Ramseier, si potrebbe ampliare la promozione per i progetti particolarmente impegnativi che raggiungono il massimo livello in fatto di sostenibilità e aumentare i finanziamenti da parte della Confederazione.

Norman Quadroni, responsabile della politica regionale presso arcjurassien, vede nell’economia circolare una grande opportunità per utilizzare meglio le risorse naturali delle regioni rurali, di confine e di montagna e per valorizzarne altre, che in una prospettiva di sviluppo puramente orientata all’esportazione sarebbero trascurate. Inoltre, alcune attività economiche attualmente organizzate a livello internazionale potrebbero, secondo Quadroni, essere riportate nella regione e inserite in cicli corti. Grazie a qualità strutturali, come la prossimità e le dimensioni ridotte e controllabili, le regioni si prestano particolarmente per l’attuazione di processi circolari. La cooperazione interdisciplinare e interaziendale in rete, attuata da sempre dalla NPR, risulta infatti essere particolarmente preziosa in un’ottica di economia circolare.

regiosuisse.ch/economiacircolare

ufam.ch

Promotori dell’economia circolare

Oltre a regiosuisse, varie altre organizzazioni offrono agli attori interessati know-how, conoscenze e coaching in materia di economia circolare:

Go for impact associazione creata in collaborazione con l’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) con l’obiettivo di promuovere politicamente ed economicamente l’economia circolare in Svizzera e contribuire alla sua realizzazione.

Circular Economy Switzerland movimento che promuove l’economia circolare e che gode di un ampio sostegno economico, politico e sociale. Gestisce una piattaforma rivolta a tutte le organizzazioni, aziende e persone interessate all’economia circolare. Ha redatto una Carta per l’economia circolare e sostiene una serie di iniziative fornendo conoscenze, organizzando workshop e portando attività di lobbying a livello politico.

CircularHub piattaforma aperta di conoscenze e di messa in rete per promuovere l’economia circolare in Svizzera, che propone alle start-up e alle imprese innovative offerte di formazione, consulenza e accompagnamento di progetto.

Rete Svizzera per l’efficienza delle risorse (Reffnet) rete di esperti che forniscono consulenza e supportano le aziende in vista dell’elaborazione di un piano di misure con interventi concreti volti ad aumentare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse.

Ressource pressure design method metodo di progettazione basato sulla pressione sulle risorse e sviluppato da un gruppo di ricerca dell’EMPA nell’ambito del PNR 73 «Economia sostenibile», con il quale si vuole contribuire all’adozione di decisioni più sostenibili nella progettazione di prodotti e di servizi.

PRISMA comunità di interessi delle aziende dell’industria alimentare, dei beni di consumo e degli imballaggi che si impegna per implementare l’economia circolare nel settore del confezionamento.

Prozirkula centro di competenza per gli appalti pubblici circolari che promuove l’integrazione dei principi dell’economia circolare nelle procedure di gara pubbliche e private. Offre consulenza, trasferimento di conoscenze e networking (vedi anche articolo Verso appalti pubblici circolari).

PAP piattaforma di conoscenze sugli appalti pubblici sostenibili.

Kompass Nachhaltigkeit piattaforma di conoscenze finanziata dalla SECO e gestita congiuntamente dalla fondazione Pusch e dall’associazione öbu (associazione per l’economia sostenibile in Svizzera).

Idee, iniziative e progetti riguardanti l’economia circolare

Agricoltura/alimentari

Star’Terre iniziativa intercantonale nella regione del Lago Lemano che promuove la produzione e la commercializzazione regionale di prodotti agricoli e alimentari e cicli di produzione e consumo corti (vedi articolo Tra agricoltura e start-up).

Azienda di orticultura Gebr. Meier Primanatura AG, Hinwil ZH l’azienda possiede serre a zero emissioni di CO2 riscaldate grazie al calore recuperato dal vicino impianto di incenerimento dei rifiuti. Anche il CO2 utilizzato per favorire la crescita degli ortaggi proviene dall’inceneritore o viene aspirato e filtrato dall’aria.

Bösiger Gemüsekulturen AG, Niederbipp (BE) orticoltura circolare.

Acquaponica tipologia di agricoltura mista ad allevamento sostenibile basata su una combinazione di acquacoltura e coltivazione idroponica. La Scuola universitaria di scienze applicate di Zurigo (ZHAW) studia questo settore e offre workshop e corsi per le persone interessate.

Progetti contro lo spreco alimentare: start-up/app «Too good to go», piattaforma «United against Waste».

«Kreislaufwirtschaft im Seeland» (progetto NPR 2021–2023) progetto con il quale ristoranti, panetterie e mense scolastiche della regione del Seeland cercano, insieme ad altri attori (produttori di ortaggi, consumatori), di chiudere i cicli della catena del valore.

Centravo AG, Lyss (BE) azienda che da 25 anni ricicla sottoprodotti e materiali residui di origine animale risultanti dai processi di macellazione.

Finge Funghi AG azienda zurighese che produce funghi bio da sottoprodotti della macinazione (crusca di grano).

RethinkResource start-up che ha creato «Circado», un mercato B2B che favorisce il recupero e il riciclo di sottoprodotti dell’industria alimentare.

Ricoter Erdaufbereitung AG azienda fondata nel 1981 con sedi a Aarberg (BE) e Frauenfeld (TG) che produce terra per giardini a partire da rifiuti organici di raffinerie di zucchero.

Brauerei Locher Appenzell (AI) progetto agroindustriale.

ortoloco – cooperativa di orti, Dietikon (ZH) cooperativa formata da 500 persone che gestiscono orti condivisi e prendono le decisioni insieme ai produttori e ai consumatori.

Cooperative d’acquisto in cui i consumatori cooperano direttamente con i produttori, p. es. Tante Emmen, Koop Teiggi Kriens, piattaforma Crowd Container, IG Foodcoops.

Qwstion marca zurighese di borse che ha lanciato un nuovo materiale tessile fabbricato a partire da fibre di banano.

Edilizia/settore immobiliare

Edilizia circolare (Beat Bösiger, bluefactory), demolizione, calcestruzzo riciclato, utilizzo di materiali locali, sostenibili e rinnovabili ecc., riciclo dell’asfalto.

Eberhard Bau AG azienda da 40 anni pioniera del riciclaggio di materiali edili, che trasforma rifiuti da costruzione e demolizione in materie prime secondarie senza perdite di qualità.

Altri specialisti del riciclo di materiali da costruzione: Ronchi SA di Gland (VD), Sotrag SA di Etoy (VD), Kästli Bau AG di Rubigen (BE),BOWA Recycling di Susten (VS).

Neustark, Berna azienda bernese specializzata nella cattura del CO2 atmosferico nel granulato di calcestruzzo riciclato.

Pianificazione integrata e gestione congiunta di zone industriali e artigianali progetti a Le Locle (NE), St-Imier (NE) , Val-de-Ruz (NE), Sensebezirk BE (zone di attività), Sierre VS (Ecoparc di Daval, vedi articolo Meno è di più), Schattdorf (UR) ecc.

enoki, Friburgo start-up friborghese che progetta e pianifica quartieri e città circolari.

Terrabloc, Ginevra azienda ginevrina che produce materiali di costruzione e isolanti a partire dall’argilla.

VADEME progetto Interreg che punta a una soluzione coordinata per il riciclo degli inerti minerali nella regione di Ginevra e Annecy (vedi articolo VADEME, ridare vita ai rifiuti minerali).

ORRAP progetto Interreg (2016–2019) per il riciclo dell’asfalto nella regione di Basilea.

Iniziative, progetti, strategie

AlpLinkBioEco progetto Interreg conclusosi nell’aprile 2021 nell’ambito del quale è stato ideato un generatore di catene di valore e un masterplan per un’economia circolare basata su materie prime naturali locali nello Spazio alpino.

Sharely start-up che gestisce una piattaforma per noleggiare oggetti d’uso quotidiano.

Make furniture circular iniziativa della fondazione Pusch e del Fondo pionieristico Migros per promuovere la fabbricazione di mobili con materiali riciclati.

Riparazione, riuso, riciclo iniziative regionali per promuovere la riparazione, il riuso e il riciclo di oggetti, tra cui Second hand Day, negozi dell’usato, officine/caffè riparazione, centri di riciclo e riuso ecc.

Economia circolare nel Parc Naturel Régional Chasseral rilocalizzazione di catene del valore, conservazione e valorizzazione di risorse naturali locali.

Roadmap economia circolare nel Cantone di Friburgo strategia cantonale.

Plattform 1PEC borsa delle idee per promuovere l’economia circolare in Vallese.

Kreislaufwirtschaft Oberwallis progetto per promuovere l’economia circolare in una regione rurale (sostenuto dal programma «Sviluppo sostenibile», ARE, 2022).

Share Gallen rete e piattaforma di condivisione a San Gallo (progetto sostenuto dal programma «Sviluppo sostenibile», ARE, 2018).

Energie rinnovabili

Impianti biogas: p. es. Kägiswil OW e Kompogasanlage Wauwil LU (entrambi sostenuti dalla NPR), BiogasTicino SA sul Piano di Magadino.

Satom SA, Monthey (VS) produzione di biometano da rifiuti organici.

Programma «Promozione della filiera legno» del Cantone di Vaud (progetto NPR): promozione della filiera regionale del legno, quale materia prima e vettore energetico rinnovabile, con l’obiettivo di aumentare il valore aggiunto in tutte le fasi di produzione e trasformazione.

«Il futuro è circolare»

Pirmin Schilliger & Urs Steiger

Come si può integrare la circolarità nell’economia regionale e nella società? Come si può promuoverla in modo mirato? Secondo Tobias Stucki, professore di economia e codirettore dell’Istituto per il business sostenibile della SUP di economia di Berna, la transizione circolare presuppone un ripensamento – e se del caso una riorganizzazione – delle catene di approvvigionamento globali. Il problema maggiore non è tanto la logistica, quanto i prodotti stessi. La questione fondamentale è decidere quali materiali e quali sostanze utilizzare.

Tobias Stucki © regiosuisse

Secondo Antonia Stalder, direttrice di Prozirkula, si dovrebbe limitare la circolazione globale delle merci: in futuro ricondizioneremo, ripareremo e condivideremo molti più prodotti e apparecchi sia su scala regionale che locale. Per quanto sia da tempo un tema di discussione, la transizione dall’economia lineare a quella circolare si trova tuttora allo stato embrionale.

Antonia Stalder © regiosuisse

Marie-Amélie Dupraz-Ardiot, sustainability manager nonché responsabile per il Canton Friburgo della strategia per lo sviluppo sostenibile e l’economia circolare, è convinta che la circolarità diventerà un elemento fondamentale dell’economia perché è un importante fattore di abbattimento dei costi, di competitività e di resilienza e aiuta in particolare le regioni a rafforzare la loro capacità di resistenza economica. Le attuali condizioni quadro normative, per esempio la revisione della legge federale sugli acquisti pubblici, offrono già un certo margine di manovra per promuovere l’economia circolare. A livello internazionale, però, l’UE è molto più avanti e ha già adottato basi normative vincolanti.

Marie-Amélie Dupraz-Ardiot © regiosuisse

Marie-Amélie Dupraz-Ardiot spera che la revisione della legge sulla protezione dell’ambiente darà presto lo slancio necessario anche in Svizzera. Sottolinea inoltre che occorre avviare un’ampia campagna di formazione e aggiunge che per implementare con successo l’economia circolare servono persone capaci che dispongano delle conoscenze e delle competenze necessarie. La conclusione unanime è che a tutti i livelli c’è tuttora un forte bisogno di formazione teorica e pratica, consulenza e sviluppo.

La versione integrale in tedesco.

La versione integrale in francese.

Altri articoli

Scenari settoriali 2060

Come si svilupperà a lungo termine la struttura economica in Svizzera? L’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (are), l’Ufficio federale dell’energia (ufe) e la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) hanno commissionato l’elaborazione di scenari sull’evoluzione dei settori economici in Svizzera entro il 2060. I risultati serviranno come base per le analisi e le prospettive riguardanti, tra l’altro, lo sviluppo territoriale, dei trasporti o del settore energetico. Oltre ai cambiamenti strutturali dell’economia nazionale, gli scenari mostrano l’evoluzione per settore dell’occupazione, della creazione di valore e dell’output (valore della produzione lorda) anche a livello cantonale e a livello di bacini di impiego. I risultati degli scenari nazionali e regionali e il rapporto con i principali risultati sono disponibili sul sito della Confederazione.

bk.admin.ch

Coronavirus, prova di forza per le regioni

Pirmin Schilliger & Urs Steiger
L’emergenza Covid-19 ha scatenato una grave crisi globale che, lungi dall’essere alle nostre spalle, affligge tutti i settori economici e gli aspetti della vita, in primo luogo l’assistenza sanitaria. In Svizzera, a trovarsi in particolari difficoltà sono il comparto turistico e l’industria orologiera, che costituiscono la spina dorsale dell’economia di diverse regioni rurali e di montagna. Molte di queste sono confrontate a una dura prova dall’esito incerto.
© regiosuisse

Il lockdown imposto a metà marzo ha avuto ripercussioni traumatiche sul turismo. Nell’intera Svizzera, i pernottamenti sono crollati praticamente da un giorno all’altro: -62 per cento in marzo, -80 per cento in aprile e -78 per cento in maggio rispetto ai corrispondenti periodi dell’anno precedente. A giugno, a seguito dell’allentamento delle restrizioni, i dati sono leggermente migliorati e, pur facendo segnare ancora un -62 per cento rispetto al 2019, hanno ritrovato il livello del mese di marzo. A disertare in massa le destinazioni turistiche svizzere non sono stati solo gli ospiti stranieri, ma anche quelli residenti in Svizzera. In luglio e agosto, l’occupazione alberghiera ha dato segni di ripresa: secondo l’Ufficio federale di statistica (UST) nei due mesi estivi la variazione dei pernottamenti ha oscillato, in media, tra il -26 e il -28 per cento.

Vacanze (quasi obbligatoriamente) in Svizzera

Le differenze tra una regione e l’altra sono tuttavia considerevoli. Alcune hanno tratto vantaggio dal fatto che gli svizzeri hanno in genere rinunciato a recarsi all’estero e scelto di trascorrere le vacanze nelle località montane svizzere. In Val Poschiavo, ad esempio, gli alberghi hanno rapidamente annunciato il tutto esaurito. Nel mese di luglio, nel distretto di Surselva i pernottamenti sono aumentati del 40 per cento rispetto all’anno precedente, nella Bassa Engadina del 43 per cento e in Val Bregaglia addirittura del 53 per cento. In queste destinazioni la ripresa è proseguita per tutta la stagione estiva fino all’autunno. Tuttavia, anche nelle regioni che hanno fatto registrare un boom di presenze, non tutti hanno motivo di soddisfazione. «Penso soprattutto ai ristoratori, che durante il lockdown sono stati costretti a sospendere del tutto la propria attività e che in seguito, in ragione delle misure di protezione, hanno dovuto fare i conti con importanti restrizioni», spiega Martina Schlapbach, operatrice dello sviluppo regionale della Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair.

Anche in Appenzello, Ticino e certe regioni del Giura, il numero di pernottamenti registrato in estate ha superato nettamente quello dello stesso periodo dell’anno precedente. Nella destinazione Saignelégier-Le Noirmont i pernottamenti sono quasi raddoppiati. Alcuni siti come la Vallemaggia o la Val Verzasca e la piscina di Porrentruy sono stati letteralmente presi d’assalto nei giorni di bel tempo. L’Appenzello ha faticato a tenere testa all’invasione di escursionisti provenienti da ogni angolo della Svizzera, che ha provocato situazioni sulle quali i media non hanno esitato a puntare il dito. Andreas Frey, responsabile di Appenzellerland Tourismus AR, relativizza e non vuole assolutamente sentir parlare di «overturismo»: «Nei giorni di picco abbiamo cercato di dirigere i gruppi di escursionisti verso percorsi meno battuti e penso che ci siamo riusciti».

Non possono lamentarsi nemmeno i locatori di appartamenti di vacanza. Le abitazioni in luoghi isolati sono state quelle maggiormente richieste. In ottobre, ad esempio, quando in altre regioni il picco estivo era ormai un lontano ricordo, sulla piattaforma di Grigioni Turismo, che propone circa 3000 oggetti in locazione in dieci diverse destinazioni, le prenotazioni risultavano superiori di oltre il 70 per cento rispetto all’anno precedente.

Nuvole scure all’orizzonte per il turismo urbano

In campo turistico, le grandi perdenti sono state senza dubbio le città. Gli ospiti internazionali hanno disertato i centri urbani e il turismo d’affari e congressuale ha subito una paralisi pressoché totale. Zurigo (-77%), Ginevra (-75%), Lucerna (-66%), Basilea (-63%) e Berna (-59%) sono state le destinazioni che nei mesi estivi hanno maggiormente perso in termini di pernottamenti. Dopo un lieve miglioramento nei primi giorni di autunno, in ottobre la situazione è tornata a farsi critica e grosse nuvole scure si sono nuovamente addensate all’orizzonte. Secondo un’indagine condotta da Hotelleriesuisse, due terzi degli alberghi dei centri urbani si apprestano a licenziare il loro personale e molti di quelli più grandi rischiano di fallire.

Oltre alle città, anche le regioni di montagna fortemente orientate al turismo internazionale, in particolare in provenienza dall’Asia, risentono fortemente della crisi. Tra queste figura ad esempio la destinazione Engelberg/Titlis. Nei mesi estivi, il fatturato delle Titlis Bergbahnen si è ridotto del 20-30 per cento rispetto all’anno precedente. Pur avendo immediatamente reagito con rigorose misure di riduzione dei costi, il direttore Norbert Patt è stato nel frattempo costretto ad annunciare un taglio di posti di lavoro. Anche la ferrovia della Jungfrau, i cui clienti provenivano per il 70 per cento dall’Asia, ha sofferto il crollo improvviso del turismo internazionale. I responsabili marketing della società hanno cercato di porre rapidamente rimedio alla situazione con iniziative come lo «Jungfrau Corona Pass», che consente di accedere in modo illimitato all’intera rete di trasporti della regione. Nel giro di pochissimo tempo, la proporzione si è invertita e il 95 per cento dei visitatori dello Jungfraujoch provengono ora dalla Svizzera. A differenza dei turisti asiatici, questi spendono però in media meno e la loro presenza è fortemente condizionata dalla meteo.

Tra le destinazioni e gli alberghi che se la sono cavata meglio nell’Oberland bernese vanno annoverati, come nella maggior parte delle regioni svizzere, quelli che puntano soprattutto al mercato interno o europeo. «Hanno tratto particolare beneficio i campeggi, come anche la sottoregione di Haslital-Brienz, tradizionalmente meno orientata al turismo internazionale», sottolinea Stefan Schweizer, direttore della Conferenza regionale Oberland Ost. Nonostante gli spiragli apertisi in estate, anche nell’Oberland bernese il bilancio turistico resta nel complesso negativo. Nella regione di Interlaken, una destinazione a vocazione principalmente internazionale, in luglio i pernottamenti si sono ad esempio dimezzati, malgrado un aumento del 192 per cento degli ospiti provenienti dalla Svizzera. Situazione analoga anche per altre località famose come Wengen, Davos nei Grigioni o diverse destinazioni in Vallese, prima fra tutte Zermatt.

Appenzell © regiosuisse

I brutti ricordi del Giura

L’industria orologiera sta al Giura come il turismo alla maggior parte delle regioni di montagna svizzere e, proprio come quest’ultimo, è stata duramente colpita dalla crisi provocata dal coronavirus. Nel secondo trimestre del 2020, il fatturato dell’industria orologiera si è ridotto del 35 per cento. Anche se nel terzo trimestre il settore ha dato segni di ripresa, la Federazione dell’industria orologiera svizzera prevede che l’esercizio si chiuderà con un calo compreso tra il 25 e il 30 per cento. Nei primi dieci mesi dell’anno, le esportazioni di orologi si sono contratte di oltre un terzo rispetto al 2019.

Nelle cosiddette «città orologiere» dell’Arco giurassiano, la situazione evoca brutti ricordi. Anche se, a seguito della crisi attraversata dal settore negli anni ‘70, città come Le Locle hanno diversificato la propria struttura economica, la dipendenza di molte località dall’industria orologiera resta marcata. Emblematico è il caso della Vallée de Joux: nella parte alta della valle, al confine con la Francia, vivono 7000 persone e vi sono 8000 posti di lavoro, legati in stragrande maggioranza all’orologeria. «La pandemia di coronavirus ci ha colpito duramente», si rammarica Eric Duruz, direttore dell’ADAEV (Association pour le Développement des Activités Economiques de la Vallée de Joux). Le fabbriche della regione hanno tempestivamente adottato misure di protezione per il personale, prima ancora che la Confederazione le rendesse obbligatorie, ma durante il lockdown la maggior parte di esse è stata costretta a chiudere per circa un mese e mezzo. Nella Vallée de Joux, anche dal punto di vista sanitario, la pandemia non è stata peraltro una semplice minaccia, ma ha provocato un numero di vittime superiore alla media. Le autorità ai diversi livelli hanno coordinato gli interventi nell’intento di garantire alla popolazione adeguata assistenza sanitaria anche nelle fasi più critiche del contagio. «Per la nostra economia e per l’assistenza sanitaria i frontalieri hanno un’importanza capitale», sottolinea Duruz. Di conseguenza è stato fondamentale che la frontiera con la Francia sia rimasta aperta per i lavoratori pendolari.

Malgrado la crisi sia lungi dall’essere del tutto superata, nella Vallée de Joux sta prendendo forma la speranza di evitare una situazione tragica come quella degli anni ‘70, quando più di un quarto degli abitanti furono costretti a lasciare la valle. «Da allora, abbiamo fatto il callo alle crisi e siamo molto più resilienti», ribadisce Duruz, dicendosi convinto che la regione uscirà addirittura rafforzata da questa prova «grazie alla capacità d’innovazione, alla solidarietà, a una buona dose di caparbietà e allo spirito battagliero della popolazione».

Un bilancio intermedio

Come si concluderà il 2020, l’anno segnato dal coronavirus? Quanto ci metterà l’economia a riprendersi? Già il 12 ottobre gli economisti della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) hanno fatto una previsione da considerarsi attendibile, calcolando per l’anno in corso un calo del prodotto interno lordo del 3,8 per cento. Si tratta di una stima nettamente più ottimistica rispetto a quelle primaverili che, nel peggiore degli scenari, non escludevano un crollo fino al 10 per cento. Tuttavia, ammesso che la previsione di ottobre si realizzi, le ripercussioni della pandemia resterebbero molto gravi: un calo del PIL del 3,8 per cento costituirebbe la più pesante recessione dai tempi della crisi petrolifera di metà degli anni ‘70.

Effetti dell’emergenza Covid-19 sull’economia delle regioni
Nel quadro del monitoraggio delle regioni, regiosuisse osserva lo sviluppo economico regionale e segnatamente le ripercussioni della crisi provocata dal coronavirus. I risultati delle ultime analisi sono pubblicati sulla pagina web regiosuisse.ch/crisi-del-corona  

La seconda ondata, intervenuta nel frattempo, ha scompigliato le carte. In questo momento fare un bilancio è difficile e ogni previsione è rapidamente superata dall’evolversi della situazione. A fine ottobre, al momento della chiusura di questo numero, quattro quinti delle imprese attive nel turismo si attendevano un ulteriore peggioramento nella stagione invernale che, notoriamente, è di gran lunga più importante della stagione estiva soprattutto per le destinazioni sciistiche. Secondo Martin Nydegger, direttore di Svizzera Turismo, il settore deve prepararsi ad affrontare una lunga traversata del deserto: «Per una ripresa completa bisognerà attendere il 2023 o il 2024». Il responsabile della promozione turistica nazionale teme una situazione particolarmente «pesante» per le città, mentre abbozza un quadro leggermente più ottimistico per le regioni tradizionalmente orientate agli sport invernali. Monika Bandi Tanner, co-responsabile del Centro di ricerca sul turismo presso il Centro per lo sviluppo economico regionale dell’Università di Berna, sottolinea che ora molto dipende da come evolverà la situazione sul fronte della pandemia e da quali misure e piani di protezione saranno adottati per le zone sciistiche. Attualmente, a causa dei numerosi elementi di incertezza, è dunque estremamente difficile prevedere come terminerà l’anno turistico 2020.

© regiosuisse

Lavoro a distanza e ritiro in montagna

Ad accrescere la vulnerabilità di molte regioni non è stato solo il fatto di essere fortemente centrate su settori economici particolarmente colpiti dalla crisi, come il turismo o l’industria orologiera. Anche la dimensione delle imprese, a prescindere dal settore di appartenenza, ha svolto un ruolo in questo senso. Secondo un’indagine condotta dall’UBS, durante il lockdown hanno dovuto sospendere l’attività un’azienda su cinque tra quelle con meno di dieci addetti, una su dieci tra quelle da 10 a 49 addetti e «solo» il 3 per cento delle grandi aziende. Le ripercussioni sono state quindi particolarmente negative in Cantoni come Appenzello Interno, Grigioni e Vallese, nei quali l’incidenza delle piccole e delle micro imprese risulta elevata. Sulla base di diversi altri indicatori, l’UBS è giunta alla conclusione che, in generale, i Cantoni di montagna hanno sofferto maggiormente la crisi e che necessiteranno tempi di ripresa più lunghi.

La pandemia ha confermato che le crisi accelerano e rafforzano le tendenze in atto. Analizzando gli effetti dell’introduzione del lavoro a distanza, avvenuta un po’ ovunque, uno studio dell’Università di Basilea è giunto alla conclusione che tale trasformazione ha avuto maggiori ripercussioni sull’economia rurale che sull’economia dei centri urbani. Lo studio non prende però in considerazione il fatto che, durante il lockdown, una parte dei lavoratori ha lasciato le città per ritirarsi in località montane. Le abitazioni di vacanza si sono trasformate rapidamente in luoghi di lavoro, anche se non è chiaro quante delle circa 500 000 residenze secondarie siano state effettivamente utilizzate a questo scopo durante la prima ondata di Covid-19. «Quest’estate la nostra regione è stata piuttosto animata, non da ultimo in ragione delle molte persone che l’hanno scelta per lavorare a distanza», sottolinea Rudolf Büchi, operatore dello sviluppo regionale nella Regiun Surselva. Un indizio della loro presenza è rappresentato dal forte aumento dell’utilizzazione della rete e dei minuti di conversazione telefonica nella regione. «In quest’ottica, un’eccellente infrastruttura in fatto di banda larga e abitazioni di vacanza gestite in modo imprenditoriale, combinate a un’offerta di spazi di coworking, come ad esempio presso il Rocks Resort di Laax, rappresentano eccellenti condizioni per il lavoro a distanza e costituiscono gli atout del distretto di Surselva», ribadisce Büchi.

© regiosuisse

Anche se, dopo il lockdown, la maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori a distanza sono tornati nei rispettivi luoghi di residenza in città, alcuni ci hanno preso gusto e si sono chiesti se il loro «rifugio» non possa diventare anche il loro luogo di lavoro abituale. Una riflessione perfettamente in linea con quella degli strateghi dello sviluppo, che vedono il futuro delle aree montane nell’economia residenziale, favorita da nuove forme di lavoro ibride e flessibili che consentono di coniugare vita privata e attività lavorativa lontano dai centri urbani (cfr. regioS 18).

In generale, gli attori NPR hanno dovuto imparare molto in poco tempo, ma l’organizzazione ha retto bene anche nei momenti più difficili.

La NPR in modalità di crisi

Come hanno reagito alla crisi provocata dal coronavirus i responsabili della NPR a livello regionale? Disponevano effettivamente di un margine di manovra? Stefan Schweizer mette in chiaro che il ruolo della NPR non è quello di mostrare un attivismo frenetico in situazioni straordinarie, gestendo interventi di crisi o addirittura aiuti di emergenza. Secondo il direttore della Conferenza regionale Oberland Ost, la politica regionale è orientata piuttosto al lungo periodo e il suo obiettivo è di accelerare e intensificare il cambiamento strutturale. Rudolf Büchi concorda: «Le nostre possibilità di intervenire direttamente per attutire gli effetti della crisi dovuta al coronavirus sono limitate». In effetti, nella maggior parte delle regioni svizzere si è rinunciato a lanciare progetti NPR volti a combattere la crisi.

Ciò non significa tuttavia che gli attori NPR siano rimasti con le mani in mano; anzi, al contrario: la regione Engiadina Bassa/Val Müstair, la Regiun Surselva nonché le regioni di Imboden e Viamala hanno ad esempio partecipato a un’iniziativa a livello cantonale che ha portato alla creazione di una piattaforma online per la commercializzazione dei prodotti regionali rimasti disponibili durante la crisi. «Questa piattaforma è stata e resta molto apprezzata. Stiamo ora valutando se è il caso di perennizzarla a prescindere dalla crisi in corso», spiega Martina Schlapbach, operatrice dello sviluppo regionale della Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair. Piattaforme analoghe hanno visto la luce anche in molte altre regioni, come «mehr-uri.ch» nel Cantone di Uri, finanziata tramite la NPR, o «favj.ch/c19/» nella Valleé de Joux, per citare solo un paio di altri esempi.

Molte destinazioni turistiche – grazie in particolare all’aumento del budget di Svizzera Turismo – hanno lanciato in tempi brevi iniziative promozionali. Località e alberghi, che finora puntavano sui gruppi e sul turismo congressuale, si sono «riconvertite» al turismo individuale interno. Molti ristoratori hanno ampliato terrazze e plateatici, con le autorità che si sono mostrate decisamente più pragmatiche nel rilascio delle necessarie autorizzazioni, come sottolinea con soddisfazione Andreas Frey di Appenzellerland Tourismus AR. Sono state così rese possibili, ove necessario tramite supporti digitali, diverse prestazioni di servizi nel rispetto delle regole di distanziamento. In questa stessa ottica, a inizio maggio, il Cantone del Vallese e The Ark, una fondazione per la promozione economica, hanno lanciato l’iniziativa «Digitourism», alla quale hanno partecipato con le loro proposte una trentina di start-up. Una giuria ha selezionato in seguito otto progetti che sono stati realizzati con il sostegno di CimArk, l’antenna cantonale del RIS Svizzera occidentale (Sistemi regionali di innovazione). Il denominatore comune dei progetti è il rilancio del turismo vallesano con l’ausilio di soluzioni digitali. Un esempio: nel giro di poche settimane la start-up vallesana Guidos.bike ha sviluppato e lanciato sul mercato la guida turistica digitale e personalizzata «Guidos». Sostanzialmente si tratta di un GPS intelligente che viene montato sulla bici e accompagna l’utilizzatore lungo un itinerario personalizzato. Oltre cinquanta operatori outdoor, inclusa l’importante destinazione turistica di Verbier, hanno già adottato questo nuovo strumento.

La crisi quale opportunità

Nel mese di marzo, all’inizio del lockdown, i RIS hanno prontamente adeguato i loro programmi di coaching. Il RIS Mittelland ha attivato immediatamente un sito web sul quale sono state elencate le principali informazioni inerenti alle offerte di sostegno della Confederazione, del Cantone di Berna e di altre istituzioni. Nel giro di poco tempo, i RIS di tutte le altre regioni hanno seguito il suo esempio. I consulenti hanno convertito la loro offerta dal coaching dell’innovazione alla gestione di crisi. Hanno inoltre sostenuto alcune aziende, come ad esempio la Sensopro AG di Münsingen (BE), nei loro sforzi volti a sfruttare la crisi quale opportunità per ottimizzare i processi e realizzare progetti di trasformazione e innovazione. L’azienda, che da alcuni anni produce attrezzature per allenare la coordinazione senza carichi eccessivi sulle articolazioni, ha approfittato del periodo di tranquillità forzata dovuto alla crisi per sviluppare un nuovo prodotto che potrebbe essere lanciato sul mercato già quest’anno. Il progetto è stato portato avanti con il sostegno del coach RIS, Nicolas Perrenoud.

Durante la crisi, le prestazioni della NPR hanno aiutato molte aziende a superare la china. L’intervento decisivo, che ha consentito a molte di esse di evitare il peggio, è stato però quello del Consiglio federale, che ha predisposto uno speciale pacchetto di misure composto dalla concessione agevolata dell’indennità per lavoro ridotto, da indennità per perdita di guadagno e da crediti d’urgenza garantiti dalla Confederazione. Senza tale sostegno in molte regioni la situazione sarebbe decisamente più critica. In questo contesto, gli effetti delle misure NPR sono stati naturalmente solo complementari. Per alcuni promotori di progetti, tuttavia, la possibilità introdotta in tempi brevi di prorogare gli ammortamenti dei mutui NPR e di quelli assegnati in virtù della legge federale sull’aiuto agli investimenti nelle regioni montane (LIM), ha significato un aumento della liquidità e ridotto la pressione economica.

In considerazione delle molte persone che in questi tempi difficili non hanno lesinato energie a favore della NPR, è doveroso sottolineare come garantire semplicemente la continuità operativa dei progetti durante il lockdown sia stata una sfida enorme. Molti incontri, workshop e convegni si sono dovuti svolgere a distanza o sono stati annullati. Alcune iniziative sono state rinviate, dato che i canali digitali non si prestano a tutto. In generale, gli attori NPR hanno dovuto imparare molto in poco tempo, ma l’organizzazione ha retto bene anche nei momenti più difficili.

regiosuisse.ch/crisi-coronavirus-nprmehr-uri.chfavj.ch/c19/

Coronavirus, un acceleratore di innovazione

Auswirkungen der Corona-Krise auf Schweizer KMU, Sebastian Gurtner, Nadine Hietschold:BFH Wirtschaft, 2020 (in tedesco).