L’idea dell’Ecoparc de Daval è nata a Sierre una ventina di anni fa. Di cosa si tratta? Di una zona industriale grande come 30 campi di calcio che vuole sfruttare le opportunità offerte dall’economia circolare per svilupparsi in modo sostenibile. Per ora il sito conta solo una dozzina di aziende, non certo per mancanza di interesse, ma per i criteri molto severi che si devono soddisfare per entrare a far parte di questa comunità: condizioni di lavoro eque e sostenibili, capacità di guardare oltre il proprio orticello e volontà di cercare sinergie con i vicini. A proposito di orto, un criterio prevede che si coltivi una zona verde sulla propria particella.
L’uso dell’energia solare è vivamente raccomandato. E per incrementare l’efficienza a lungo termine, i rifiuti devono essere una fonte di energia per le altre aziende. Le aziende presenti nell’Ecoparc de Daval beneficiano di un sistema di gestione dei rifiuti, di un servizio postale e di una consulenza per i propri stabili.
Possono condividere sistemi di logistica e sicurezza, mense e asili nido. Certo è che il prefisso «eco» di Ecoparc non sta solo per «ecologico», ma anche per «economico». L’Eldorado, infatti, non arriva per grazia ricevuta, ma è il risultato di un lungo percorso e di un intenso lavoro di coordinamento. Contattare le aziende vicine, fare conoscenza e discutere di sinergie richiede tempo, un investimento che molte aziende non osano fare, a causa di una prospettiva di breve termine, ma che viene più che ripagato a lungo termine. Ne sono convinti l’esperto Benoît Charrière, responsabile Comunità delle conoscenze di regiosuisse e Stéphane Revey, responsabile della promozione economica a Sierre.
Come si può integrare la circolarità nell’economia regionale e nella società? Come si può promuoverla in modo mirato? Secondo Tobias Stucki, professore di economia e codirettore dell’Istituto per il business sostenibile della SUP di economia di Berna, la transizione circolare presuppone un ripensamento – e se del caso una riorganizzazione – delle catene di approvvigionamento globali. Il problema maggiore non è tanto la logistica, quanto i prodotti stessi. La questione fondamentale è decidere quali materiali e quali sostanze utilizzare.
Secondo Antonia Stalder, direttrice di Prozirkula, si dovrebbe limitare la circolazione globale delle merci: in futuro ricondizioneremo, ripareremo e condivideremo molti più prodotti e apparecchi sia su scala regionale che locale. Per quanto sia da tempo un tema di discussione, la transizione dall’economia lineare a quella circolare si trova tuttora allo stato embrionale.
Marie-Amélie Dupraz-Ardiot, sustainability manager nonché responsabile per il Canton Friburgo della strategia per lo sviluppo sostenibile e l’economia circolare, è convinta che la circolarità diventerà un elemento fondamentale dell’economia perché è un importante fattore di abbattimento dei costi, di competitività e di resilienza e aiuta in particolare le regioni a rafforzare la loro capacità di resistenza economica. Le attuali condizioni quadro normative, per esempio la revisione della legge federale sugli acquisti pubblici, offrono già un certo margine di manovra per promuovere l’economia circolare. A livello internazionale, però, l’UE è molto più avanti e ha già adottato basi normative vincolanti.
Marie-Amélie Dupraz-Ardiot spera che la revisione della legge sulla protezione dell’ambiente darà presto lo slancio necessario anche in Svizzera. Sottolinea inoltre che occorre avviare un’ampia campagna di formazione e aggiunge che per implementare con successo l’economia circolare servono persone capaci che dispongano delle conoscenze e delle competenze necessarie. La conclusione unanime è che a tutti i livelli c’è tuttora un forte bisogno di formazione teorica e pratica, consulenza e sviluppo.
Un piano direttore intercomunale al servizio dello sviluppo turistico
Nathalie Jollien
I comuni tra loro confinanti di Crans-Montana, Icogne e Lens, nelle Alpi vallesane, presentano un tasso di abitazioni secondarie del 62 %. Dall’entrata in vigore, nel gennaio 2016, della nuova legge federale sulle abitazioni secondarie (LASec), nota anche come Lex Weber, sul territorio di questi comuni non sono praticamente più state costruite residenze secondarie. Thomas Ammann, responsabile di Arcalpin, ufficio di pianificazione specializzato nelle regioni di montagna, si esprime a nome dei tre comuni: «Dopo una difficile fase di adattamento, ora le amministrazioni comunali gestiscono piuttosto bene la maggior parte degli aspetti legati alla LASec, in particolare chiedono prove di domicilio agli acquirenti di residenze principali in costruzione. Per gli alberghi e le abitazioni utilizzate esclusivamente per soggiorni di breve durata, ritengo invece che la LASec ponga ancora seri problemi ai comuni turistici di montagna. La possibilità di trasformare vecchi alberghi in abitazioni secondarie è considerata un incentivo a cessare definitivamente l’attività.»
Strumento di pianificazione e di coordinamento, il piano direttore intercomunale adottato dai tre comuni costituisce un mezzo efficace per gestire le conseguenze della nuova LASec. Ha permesso alle amministrazioni comunali di chiarire l’applicazione della legge e di fissare condizioni quadro precise per favorire la costruzione di nuove strutture alberghiere e salvaguardare quelle esistenti. Sono stati mappati i fabbisogni in termini di nuovi alberghi e le ubicazioni ideali ad accoglierli sono state determinate e indicate sui piani di zona dei comuni. In futuro le aree individuate potranno ospitare esclusivamente strutture alberghiere. Gli alberghi esistenti che hanno una certa importanza per la stazione turistica sono preservati mediante misure di pianificazione del territorio e la loro ristrutturazione viene agevolata.
Attraverso il Next Generation Lab, regiosuisse ha testato quest’anno un approccio nuovo e creativo per coinvolgere i giovani adulti nello sviluppo regionale. Previsto originariamente per la conferenza formation-regiosuisse di aprile 2020, il laboratorio si è finalmente tenuto in modalità virtuale. Gruppi composti da tre o quattro giovani sono stati chiamati a sviluppare un’idea di progetto per la propria regione, seguiti e assistiti da coach di regiosuisse oltre che da mentori locali. Alla prima giornata, il cosiddetto «design sprint», hanno preso parte quattro gruppi provenienti, rispettivamente, da Prättigau/Davos, Turgovia, Alto Vallese e Vallese romando. I loro componenti si sono incontrati in forma presenziale nelle regioni, mentre gli scambi con coach e mentori nonché la valutazione delle idee da parte di una giuria sono avvenuti in modo virtuale.
Secondo Thomas Probst di regiosuisse, che ha diretto il Next Generation Lab, le esperienze fatte dimostrano che l’approccio funziona. L’accompagnamento intensivo nel processo di design thinking è tuttavia di fondamentale importanza. Due dei gruppi hanno poi avuto la possibilità di approfondire nel corso di una seconda giornata le proprie idee progettuali, che hanno in comune il fatto di promuovere e valorizzare prodotti regionali. Il gruppo del Vallese romando ha proposto un’offerta turistica per la Val d’Hérens, mentre quello turgoviese ha lavorato su come favorire l’incontro tra produttori regionali e consumatori.
Brigitte Fürer, che ha accompagnato il gruppo turgoviese in qualità di mentore e fino alla scorsa estate è stata direttrice di Regio Frauenfeld, è convinta che un formato come il Next Generation Lab possa dare nuovi impulsi ed essere fonte d’ispirazione, tanto che incoraggia la regione a far propria l’idea e a svilupparla ulteriormente. Thomas Probst sottolinea infine come nel corso delle due giornate entrambi i gruppi siano riusciti, partendo da idee vaghe, a sviluppare modelli di business concreti e a ottenere così risultati ben superiori a quelli attesi al momento della concezione del Next Generation Lab.
Next Generation Lab: progetta il tuo futuro! Un laboratorio serve a ideare e testare nuove idee. Con un lavoro di squadra si sviluppano idee, si sperimentano nuove procedure, si scartano gli approcci meno promettenti, si elaborano e ottimizzano soluzioni creative. Ed è proprio così che funziona il regiosuisse Next Generation Lab, un laboratorio di innovazione per lo sviluppo di nuove idee. Con esso regiosuisse sperimenta un metodo co-creativo nello spazio virtuale per dare una risposta a una serie di domande: quali sono i temi regionali che interessano i giovani? Come possono i giovani dare nuovi impulsi allo sviluppo regionale? Come possono fornire un contributo per un futuro sostenibile e a misura d’uomo? regiosuisse.ch/it/next-generation-lab
Brain gain anche in montagna – grazie ai new highlander
Pirmin Schilliger
Malgrado lo spopolamento costante, nelle regioni di montagna svizzera si osserva anche il fenomeno opposto, ossia l’arrivo di cervelli (brain gain). Generalmente, le persone che dalla pianura si trasferiscono in montagna – chiamati anche new highlander – hanno un buon livello di formazione. Oltre a vantare solide competenze professionali, sono spesso disposte a impegnarsi nel tessuto sociale del nuovo comune di residenza. Cyril Peter, ingegnere biochimico originario di Aquisgrana (Germania), lavora da 14 anni a Visp per il gruppo chimico e farmaceutico Lonza, dove ricopre una funzione dirigenziale. Nel comune in cui abita, Zeneggen (VS), Cyril è impegnato in diverse associazioni e uffici pubblici. Martin Bienerth e Maria Meyer, entrambi di origine tedesca, hanno salvato dalla chiusura il caseificio di Andeer (GR). Il loro grande impegno, la loro comprovata competenza e la loro vasta es-perienza hanno ridato slancio all’attività. Quest’estate Christina Fenk e Damian Gschwend, insegnanti di scuola secondaria nell’entroterra lucernese, si trasferiranno a Blitzingen (VS), nel distretto di Goms. Insegneranno nella scuola secondaria di Fiesch (VS). Thomas Lampert, fabbro d’arte e metalcostruttore originario di Basilea Campagna, ha ridato vita alla fucina di paese di Guarda (GR) e la sta trasformando per valorizzarla dal punto di vista turistico. Il progetto prevede una fucina dimostrativa, uno spazio espositivo, un centro visitatori e un ristorante.
Questi quattro esempi mostrano come nuovi abitanti possono portare preziose esperienze e nuove idee nelle regioni di montagna e generare impulsi economici. «L’arrivo di nuovi abitanti rinnova la popolazione e rafforza il capitale umano», afferma la geografa Rahel Meili, che nella sua tesi di dottorato ha studiato questo fenomeno. «È inoltre evidente che con un piccolo sforzo in più, il potenziale economico rappresentato dai new highlander potrebbe essere sfruttato an-cora meglio, ad esempio creando una rete o adottando misure di reclutamento mirate».
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