VADEME, ridare vita ai rifiuti minerali

Nathalie Jollien

Il materiale di scavo proveniente da grandi cantieri potrebbe essere trasformato in terra fertile ad alto valore ambientale. Il progetto franco-svizzero vademe valuta se e come si potrebbe creare una filiera per il riciclaggio di questi materiali, oggi considerati rifiuti, nella regione di Ginevra e Annecy.

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Nel Cantone di Ginevra il settore edile produce ogni anno milioni di tonnellate di inerti minerali. Si tratta di rifiuti di demolizione come cocci di mattoni e altri laterizi, ma anche di rifiuti risultanti da attività di scavo o terrazzamento. Durante questi lavori si presta grande attenzione a preservare il suolo fertile, ossia lo strato biologicamente attivo del terreno il cui spessore varia da alcuni centimetri nelle zone urbane a poco più di un metro in quelle forestali. Il sottosuolo non fertile al disotto di questo strato, invece, è spesso considerato materiale di rifiuto e destinato alla discarica. «In generale questi rifiuti sono presi in consegna da cave che interrano i materiali non riciclabili. Le imprese edili ginevrine sono spesso costrette a trasportarli fuori dal Cantone, percorrendo a volte lunghe distanze, il che causa un forte inquinamento atmosferico e acustico», rileva Sébastien Kicka, capoprogetto Innovazione presso l’Ufficio di promozione dell’industria e della tecnologia del Cantone di Ginevra. Poiché il Cantone non dispone di sufficienti capacità di discarica, questi rifiuti vengono esportati in gran parte nella vicina Francia.

Lanciato nel dicembre 2020, il progetto vademe («Valorisation agronomique des déchets minéraux») si propone di affrontare questa problematica nell’ambito di una cooperazione transfrontaliera. Vi partecipano nove partner pubblici e privati provenienti sia dalla Francia che dalla Svizzera, le cui competenze si completano a vicenda. L’obiettivo è di coinvolgere le reti degli attori interessati per potenziare e strutturare le collaborazioni e accrescere la parte riciclata di questi rifiuti, sperimentando tra l’altro soluzioni innovative per trasformarli in terra fertile. A lungo termine il progetto dovrebbe favorire la nascita di un’economia circolare per i materiali di scavo.

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Ricreare meccanismi naturali

La società Edaphos, uno dei partner del progetto, ha sviluppato competenze nel riciclaggio dei rifiuti minerali con un procedimento di ingegneria pedologica che permetterebbe di creare terra vegetale fertile. «Aggiungiamo a minerali sterili ammendanti organici e microbici. L’associazione di questi tre elementi permette di ricreare dinamiche e meccanismi naturali che rendono il suolo fertile. Nella natura lo stesso processo richiederebbe un secolo per un solo centimetro di suolo fertile.

Questo metodo innovativo viene testato per la prima volta su scala industriale nel quadro del progetto vademe: durante i lavori di rinaturazione del fiume Aire a Ginevra (nel tratto tra il villaggio di Certoux e la frontiera francese), entro la fine del 2022, verranno trattate direttamente sul posto 10 000 tonnellate di materiale. Un secondo cantiere di sperimentazione è in corso con la società Chavaz specializzata nel trasporto e nella fornitura di materiali da cava. «In una delle sue sedi, la società dispone di un impianto di trattamento dei rifiuti. Dopo la fase di smistamento e separazione, sottoponiamo il materiale di scavo proveniente da differenti cantieri al nostro processo», spiega Mathieu Pillet. Da notare che la produzione di terra fertile è possibile soltanto se le qualità fisiche, chimiche e biologiche dei materiali di scavo e degli ammendanti organici (tessitura adeguata, tenore di elementi nutritivi, buon equilibrio tra le comunità di organismi del suolo, assenza di inquinamento ad es. da microplastiche ecc.) sono sufficienti e comprovate.

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Il progetto vademe analizza anche la fattibilità e la sostenibilità economica del processo appena descritto. La terra fertile ricavata potrebbe essere venduta a paesaggisti o privati, essenzialmente per la sistemazione di giardini, visto che non si presterebbe per un uso agricolo. Nell’ambito del progetto vengono peraltro condotte riflessioni sulla possibilità di far evolvere gli standard di qualità svizzeri. «Il quadro normativo è molto impreciso», rileva Mathieu Pillet. Il progetto vademe fornirà spunti per compiere passi avanti in questo ambito. Verrà in particolare effettuato un confronto con la norma francese NF U 44-551, il cui marchio molto diffuso sui terricci in vendita in Francia è garante di qualità per i consumatori.

Ricadute economiche e ambientali

Oggi, a causa di limitazioni di ordine tecnico e giuridico, non è possibile produrre artificialmente suoli agricoli. Se gli esperimenti in corso daranno i risultati sperati, la trasformazione del materiale di scavo in terra fertile porterà numerosi vantaggi sia economici che ambientali alla regione di Ginevra e Annecy. L’interesse economico ci sarà se l’offerta troverà una domanda adeguata: anziché pagare terzi per disfarsi di «rifiuti», si potrà trasformare il materiale di scavo e commercializzare il prodotto così ottenuto creando valore aggiunto per gli operatori del mercato. «Con il nostro progetto vogliamo sostenere anche l’economia locale», sottolinea Sébastien Kicka. «Seguiamo le attività della start-up Edaphos ormai da alcuni anni e incoraggiamo la creazione di sinergie con aziende della regione».

A fronte del depauperamento dei suoli su scala mondiale, la possibilità di produrre terra fertile comporterebbe indubbi vantaggi. «La terra fertile scarseggia e non è una materia prima che l’uomo può rinnovare. Il processo naturale di creazione di suolo fertile è estremamente lento», ricorda Mathieu Pillet. «Il suolo è inoltre molto prezioso dal punto di vista ambientale, visto che a livello globale immagazzina una grandissima quantità di CO2, quattro volte superiore a quella assorbita dalla vegetazione». Questa possibilità consentirebbe inoltre di evitare i trasporti transfrontalieri di rifiuti minerali con veicoli pesanti su distanze talvolta importanti tra la Svizzera e la Francia, con tutto l’inquinamento che ne deriva.

Léa Carlesso et Georges Descombes © regiosuisse

Infine, se questa nuova forma di riciclaggio dovesse rivelarsi valida, potrebbe sostituire un metodo di riciclaggio dei rifiuti minerali attualmente applicato in Francia nelle zone agricole, che consiste nel rimuovere lo strato superficiale di terra fertile, distribuire uno strato di rifiuti minerali e ricoprirlo con lo strato precedentemente asportato. Se non viene realizzata a regola d’arte, l’operazione può causare gravi problemi legati al deflusso delle acque o compromettere la capacità di esplorazione radicale delle piante. Vietato nelle zone agricole in Svizzera, questo metodo non è sufficientemente monitorato e controllato dalle pubbliche amministrazioni francesi.

Le conclusioni del progetto vademe saranno disponibili entro la fine del 2022.

Cooperazione transfrontaliera
VADEME è un progetto Interreg Francia-Svizzera. Ha una durata di due anni (da gennaio 2021 a dicembre 2022) e riunisce partner francesi e svizzeri. Il budget di 820 000 franchi comprende fondi europei di sviluppo regionale (FESR), fondi federali (NPR) e fondi cantonali. I due capifila del progetto sono il Consiglio dell’architettura, dell’urbanismo e dell’ambiente dell’Alta Savoia (CAUE 74) per la parte francese e l’Ufficio ginevrino di promozione dell’industria e della tecnologia (OPI) per la parte svizzera.

interreg-vademe.caue74.fr/le-projet-vademe

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