La resilienza per far fronte alle crisi

Pirmin Schilliger

La priorità della Nuova politica regionale (NPR) è quella di rafforzare lo sviluppo economico delle regioni a lungo termine e aiutarle a far fronte al cambiamento strutturale. Non contempla quindi l’intervento in caso di crisi. La crisi provocata dal coronavirus offre comunque l’occasione di analizzare con spirito critico la strategia attuale. Le domande fondamentali da porsi sono: con quali misure e progetti le regioni possono prepararsi meglio agli shock futuri e, più in generale, ai cambiamenti profondi? Cosa possiamo imparare dagli altri Paesi? Una cosa sembra chiara: in futuro, nella politica regionale, dovranno confluire sistematicamente anche aspetti della resilienza. Ma cosa significa esattamente?

«Negli ultimi anni siamo riusciti a profilare saldamente la nostra regione come destinazione turistica sostenibile. Questo posizionamento – come pure la percentuale tradizionalmente alta di ospiti svizzeri – ci ha sicuramente aiutato durante la crisi», spiega Martina Schlapbach, operatrice dello sviluppo regionale della Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair. A contribuire a mitigare gli effetti della crisi sono stati anche vari progetti NPR che promuovono il turismo sostenibile. Considerazioni analoghe anche per quanto riguarda la gestione della crisi nell’Oberland bernese. Stefan Schweizer, direttore della Conferenza regionale Oberland Ost, è convinto che grazie alla NPR l’economia della regione abbia potuto reagire partendo da una base più ampia. Pensa ad esempio ai numerosi progetti NPR realizzati di recente che mirano a un turismo diversificato e versatile. Tuttavia, Schweizer si chiede fino a che punto ci si possa preparare ad una situazione eccezionale come quella della pandemia di coronavirus.

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Trarre le giuste conclusioni

Se la pandemia si fosse attenuata rapidamente in modo da permettere all’economia di riprendersi in tempi brevi, saremmo stati di fronte a un caso isolato, un evento eccezionale da non interpretare in modo forzato o eccessivo e dal quale non si sarebbero dovute trarre conclusioni errate. Ma con la seconda ondata pandemica, i segnali vanno in un’altra direzione: la politica, le imprese e la società sono tuttora impegnate a superare la crisi unendo le forze nell’intento di limitare il più possibile i danni in campo sanitario ed economico. Inoltre, è necessario analizzare rapidamente e in modo approfondito gli effetti di questo evento e trarne le giuste conclusioni. Nell’ambito della NPR bisogna chiedersi quali sono, all’interno del tessuto economico regionale, i principali punti deboli messi in luce dalla pandemia. Questo processo di analisi si impone in particolare nelle regioni che hanno sofferto più delle altre delle conseguenze della pandemia. Occorre esaminare in modo approfondito la loro vulnerabilità e la loro esposizione alle crisi. Ciò che interessa maggiormente gli attori che partecipano all’analisi è come una regione possa prepararsi meglio agli shock futuri e ai mutamenti profondi. I rischi e i pericoli connessi possono essere disinnescati o addirittura trasformati in opportunità già oggi?

Una soluzione potrebbe essere quella di orientare rigorosamente lo sviluppo regionale agli aspetti della resilienza. Ma cos’è la resilienza? Il termine resilienza deriva dal latino «resilire», che significa fare un salto all’indietro o rimbalzare. Il concetto indica la capacità di un sistema di ritornare al suo stato iniziale dopo essere stato sottoposto a una perturbazione. In psicologia il concetto è in uso da tempo: una persona è resiliente se è in grado di resistere alle avversità e agli shock e rimane psicologicamente stabile anche in situazioni di crisi.

Da circa vent’anni la resilienza è un tema che interessa anche l’economia e l’ecologia. Proprio come l’essere umano, un sistema complesso può mantenere stabili e intatte le sue strutture e funzionalità, anche in periodi di intensi mutamenti, grazie a un continuo adattamento. Non a caso il concetto torna sistematicamente alla ribalta in tempi di crisi (durante la crisi finanziaria del 2008, la crisi dell’euro nel 2015 e ora la crisi del coronavirus). I pionieri mondiali delle strategie di sviluppo territoriale orientate alla resilienza sono le cento grandi città che hanno aderito al programma internazionale «Global Resilient Cities Network» avviato dalla Fondazione Rockefeller nel 2011. L’obiettivo del programma è di rendere le città più resistenti agli eventi climatici estremi e allo stress legato ai cambiamenti climatici.

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Un modello e ulteriori approcci

Di recente, il concetto di resilienza è stato esteso dall’urbanistica allo sviluppo delle regioni rurali. In Austria, ad esempio, ÖAR Regionalberatung GmbH ha pubblicato nel 2010 uno studio dal titolo «Wie gehen Regionen mit Krisen um?» (Come le regioni affrontano le crisi?) su mandato della Cancelleria federale austriaca. I ricercatori austriaci sono giunti alla conclusione che in situazioni di emergenza nelle regioni resilienti si verifica uno dei tre scenari seguenti: le regioni reggono la crisi senza subire impatti negativi (1), reggono la crisi e riescono a compensare in breve tempo gli effetti negativi (2) oppure reggono la crisi e riescono addirittura a sovracompensare gli effetti negativi (3). Nel migliore dei casi, escono addirittura rafforzate dalla crisi. In questo senso, la resilienza è l’antidoto alla vulnerabilità. In situazioni di crisi una regione resiliente è in grado di attivare risorse di «autoguarigione» insospettate e trova rapidamente la risposta giusta alle minacce e alle sfide. I tre scenari si basano su indicatori sociali, ecologici ed economici chiaramente identificabili e misurabili, che includono l’evoluzione demografica, la soddisfazione di vita, la spesa per la cultura, la qualità ambientale, l’esposizione ai rischi, la creazione di valore, la diversificazione del tessuto imprenditoriale, la creazione di nuove aziende. Nella sua ricerca, ÖAR Regionalberatung GmbH ha sviluppato un modello globale di resilienza. Il percorso verso la resilienza implica processi consapevoli di gestione strategica, organizzazione e compensazione che combinano il principio fondamentale dello sviluppo sostenibile con la diversificazione economica e sociale, la formazione di base e continua, l’orientamento al futuro, l’innovazione e una sana cultura dell’errore.

Nel frattempo, oltre al modello ÖAR, sono stati sviluppati altri approcci che mostrano come la resilienza potrebbe essere raggiunta nelle aree rurali e periferiche. Gabi Troeger-Weiss, responsabile della cattedra di Sviluppo regionale del Politecnico di Kaiserslautern, si occupa principalmente di ricerca sui rischi riferiti al territorio. In particolare, studia come le tendenze demografiche, sociali, climatologiche ed economiche (ad es. la digitalizzazione) potrebbero influenzare la resilienza futura della regione. Nel 2019 l’associazione Ländliche Entwicklung del Land Baviera ha lanciato a Oberallgäu un progetto pilota che mira a identificare punti di partenza per integrare la resilienza nello sviluppo regionale. Dal canto suo, la Resilient Regions Association di Malmö (Svezia) ha adottato un approccio pragmatico creando una piattaforma politicamente neutrale che permette ai rappresentanti del mondo accademico, dell’economia, dei comuni, delle regioni e delle aziende di incontrarsi regolarmente per risolvere problemi e compiti regionali nell’ottica della resilienza.

Daniel Deimling e Dirk Raith, ricercatori dell’Università di Graz che si occupano di sviluppo regionale, hanno optato per un approccio più ampio in termini di contenuti e promuovono una visione alternativa della resilienza regionale, intesa come paradigma sostenibile dello sviluppo regionale. Questo tipo di resilienza non dovrebbe limitarsi all’adattamento alle crisi e agli shock esterni, ma dovrebbe piuttosto avere un effetto trasformativo e mirare a una «ri-regionalizzazione» e alla rilocalizzazione. Secondo questa visione, le regioni dovrebbero essere messe in condizione di reggere anche condizioni quadro completamente cambiate. Questo permetterebbe alle regioni periferiche di rompere il circolo vizioso dello spopolamento e della perdita di risorse vitali.

Vulnerabilità e resilienza
A partire dagli anni 1980, vulnerabilità e resilienza sono diventate una categoria concettuale fondamentale di varie discipline accademiche. Oltre che in geografia, questi due concetti sono entrati a far parte anche della gestione e pianificazione del territorio, soprattutto in relazione ai pericoli naturali e ai cambiamenti climatici. Il nucleo concettuale della teoria della vulnerabilità e della resilienza risiede in un duplice approccio strutturale: la vulnerabilità risulta dai rischi esterni a cui sono esposti un territorio o una regione e dall’assenza di resilienza, ovvero dalla mancanza di risorse per far fronte alle minacce. L’analisi della vulnerabilità e della resilienza territoriale e sociale si concentra quindi sull’interazione tra l’esposizione ai rischi e le possibilità di gestire le conseguenze di un evento critico senza subire gravi danni.

Wisner B., Blakie P., Cannon T.: At Risk. Natural hazards, people’s vulnerability and disasters. London, 2004.

Resilienza, il futuro dello sviluppo regionale e territoriale sostenibile

Anche se in Svizzera la resilienza è un tema che interessa da tempo soprattutto la ricerca, quest’aspetto è presente in filigrana anche nell’attuazione della NPR. «Molte misure della NPR puntano a ottenere un effetto stabilizzante e a lungo termine. La maggior parte dei progetti avviati finora contribuisce quantomeno indirettamente alla resilienza», spiega Johannes Heeb, responsabile di formation-regiosuisse, pur sottolineando l’assenza di un approccio sistematico. Ma le cose stanno cambiando. Anche per effetto della crisi legata alla pandemia di coronavirus, la resilienza troverà esplicitamente posto anche nella NPR. Quest’autunno formation-regiosuisse ha infatti affrontato concretamente il tema proponendo uno specifico modulo di formazione online. Il webinar ha permesso agli attori dello sviluppo regionale di familiarizzarsi con gli aspetti fondamentali della resilienza e di sviluppare approcci applicativi concreti. «Trasponiamo i concetti teorici alle pratiche delle regioni», spiega Heeb. Agilità, innovazione, cultura di squadra e di progetto e prevenzione sono utilizzati come elementi operativi nella gestione della resilienza. Heeb sottolinea che l’obiettivo è dotare le regioni degli strumenti e delle competenze per reagire ai cambiamenti e alle crisi con un effetto stabilizzante, utilizzandoli come stimoli per l’innovazione e lo sviluppo.

Rendere le regioni più resilienti richiede un processo a più livelli. Il «barometro della resilienza» sviluppato dall’Istituto Pestel di Hannover potrebbe aiutare le regioni ad adottare decisioni ragionate per raggiungere la resilienza. Lo strumento analizza e misura la vulnerabilità di una regione in base a 18 indicatori e permette di valutare in che misura una regione conserva la sua capacità di azione in caso di crisi. Mostra anche come questa capacità possa essere migliorata preventivamente grazie alla dotazione di risorse, al capitale sociale e alla flessibilità. Il barometro della resilienza, sviluppato principalmente per le regioni dell’UE, potrebbe essere adattato alla realtà svizzera e diventare uno strumento prezioso anche per le regioni interessate dalla NPR.

Come si può rendere più resiliente una regione?
La resilienza, intesa come strumento di prevenzione, mira a ridurre la vulnerabilità e/o l’esposizione alle crisi di una regione e la concentrazione dei rischi. In quest’ottica sono rilevanti le seguenti strategie:

  • diversificazione dell’economia anziché monostruttura – presenza di vari settori e rami economici, aziende di diverse dimensioni, relazioni commerciali, lavorative e abitative diversificate;
  • risorse umane e capitale sociale – alto livello di istruzione con una forza lavoro qualificata e duttile, struttura demografica e piramide dell’età equilibrate;
  • governance regionale efficiente e attiva con strategie per il futuro basate sui punti di forza regionali;
  • orientamento al futuro e identificazione tempestiva degli sviluppi a lungo termine (obiettivo al quale mira la NPR attraverso le strategie regionali di sviluppo, cfr. regioS 17);
  • disponibilità al cambiamento, flessibilità, agilità, capacità di innovazione, multidisciplinarietà;
  • capacità di imparare e di cooperare, reti di comunicazione dense, feedback rapidi, curiosità e apertura.

In definitiva, la resilienza non è uno stato ma un processo che, con l’aiuto di una metodologia specifica, promuove lo sviluppo sostenibile di una regione e la aiuta a gestire meglio le crisi.

Progetti modello nell’Alto Vallese

A svolgere un ruolo da pioniere in Svizzera è la società di consulenza EBP che, in collaborazione con l’agenzia di sviluppo regionale RWO (Regions- und Wirtschaftszentrum Oberwallis AG), ha sviluppato uno strumento di analisi della resilienza basato in parte sugli studi e i lavori condotti a livello internazionale menzionati (Fondazione Rockefeller, Pestel-Institut, Bundesanstalt für Strassenwesen ecc.). Questo strumento viene ora testato per la prima volta nelle regioni di montagna (nel comune di Mörel-Filet e nella Lötschental) nell’ambito del progetto modello «Regioni di montagna resilienti: sfruttare i punti di forza della regione dell’Alto Vallese». «Il tool si basa su un questionario con 10 aree tematiche, 21 sottotemi e 80 indicatori che esaminiamo in modo approfondito non solo sulla base di cifre e statistiche, ma anche ponendo domande qualitative agli attori locali», spiega il responsabile del progetto Christian Willi. L’obiettivo del progetto modello è integrare i risultati dell’analisi della resilienza in una strategia di sviluppo regionale per i comuni di montagna dell’Alto Vallese che comprenda anche un catalogo concreto di misure. La responsabilità dell’analisi è affidata alla società EBP. L’attuazione delle misure nell’ambito della strategia di sviluppo compete principalmente all’agenzia di sviluppo regionale RWO in collaborazione con altri attori regionali. Lo strumento figura tra i progetti modello «Sviluppo sostenibile del territorio 2020-2023» sostenuti dalla Confederazione. Secondo Christian Willi, le conoscenze acquisite tramite questo progetto pilota possono servire a creare una cultura della resilienza anche in altre regioni, in modo che la consapevolezza della resilienza venga sistematicamente integrata in tutte le strategie regionali di sviluppo come pure nelle misure e nei progetti corrispondenti.

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Approccio bottom-up partendo dalle regioni

Anche se la pandemia ha evidenziato impietosamente la vulnerabilità delle regioni, si tratta solo di uno dei tanti possibili scenari di crisi e di minaccia. Proprio per questa ragione la questione della minimizzazione dei rischi e della prevenzione è urgente e pressante. Martina Schlapbach, della Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair, è convinta che in linea di principio ogni regione strutturalmente debole possa essere resa più resiliente. Sostiene tuttavia che in sede di implementazione servono soluzioni adattate alla realtà regionale. «Bisogna tener presente che la debolezza strutturale è percepita e definita in modo molto diverso all’interno di una regione e al suo esterno. La resilienza deve quindi corrispondere precisamente ai bisogni della popolazione.» Sempre secondo Martina Schlapbach l’attuale strategia di sviluppo ha dimostrato tutta la sua validità durante la crisi del coronavirus, confermando la necessità di intensificare gli sforzi sulla strada intrapresa. Questo significa che la Regiun Engiadina Bassa/Val Müstair intende concentrarsi maggiormente sul turismo sostenibile. Il potenziamento delle infrastrutture digitali e delle piattaforme di scambio virtuale consentirà inoltre di migliorare ulteriormente le condizioni quadro per la flessibilizzazione dei modelli di vita, abitativi e di lavoro. «Vogliamo anche esplorare e sperimentare nuove soluzioni partendo dai bisogni delle aziende e della popolazione», dice Schlapbach.

Stefan Schweizer è del parere che lavorare per rafforzare la capacità di azione di una regione in situazioni di crisi sia sempre opportuno, anche se nutre qualche dubbio in merito al rapporto costi-benefici. «Ogni regione deve giudicare autonomamente se e in che misura la resilienza debba essere oggetto di una strategia e implementata a livello operativo.»

Dossier tematico regiosuisse «La resilienza nello sviluppo regionale»
Come possono le regioni essere meglio preparate ad assorbire eventuali shock futuri ed uscirne rafforzate? Questo dossier presenta il tema della resilienza e propone possibili approcci concreti a livello regionale: regiosuisse.ch/resilienza

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regiosuisse.ch/npr-it – progettimodello.ch

Bibliografia

Resiliente Regionen. Zur Intelligenz regionaler Handlungssysteme. In: «Multidisziplinäre Perspektiven der Resilienzforschung», pag. 295–332. Robert Lukesch. Springer Fachmedien, Wiesbaden, 2016.

Regionale Resilienz. Zukunftsfähig Wohlstand schaffen. Dirk Raith, Daniel Deimling, Bernhard Ungericht, Eleonora Wenzel. Metropolis Verlag, 2017.

Wie gehen Regionen mit Krisen um? Eine explorative Studie über die Resilienz von Regionen. Robert Lukesch, Harald Payer, Waltraud Winkler-Rieder. Wien, 2010.

La résilience, un outil pour les territoires ? Clara Villar (Cerema) e Michel David (MEDDE/CGDD). IT-GO Rosko, 2014.

La résilience en trois actes: résistance, reset et relance.  Xavier Comtesse, Mathias Baitan.

Resilienza tra territorio e comunità, Approcci, strategie, temi e casi, Fondaziona cariplo, 21, 2015.

La resilienza territoriale: un concetto polisemico per lo sviluppo delle scienze regionali». Paolo Rizzi. Scienze Regionali, 1/2020.  

Resilienza e vulnerabilità nelle regioni europee. Paola Graziano und Paolo Rizzi. Scienze Regionali, 1/2020.

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